Qè, sequestrati beni per 1 milione all’amministratore Argenterio

lavoratori del call center Qè in corteo di protesta invia Etnea
I lavoratori del call center Qè in corteo di protesta in via Etnea

Su richiesta della Procura della Repubblica di Catania, in esecuzione di un decreto emesso dal Tribunale etneo, i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, nei giorni scorsi, hanno ultimato le operazioni di sequestro di conti correnti e beni, per un valore complessivo di 1 milione di euro, nella disponibilità di Patrizio Argenterio, amministratore pro tempore della Qè srl con sede a Paternò, società operante nella gestione di Call Center, balzata agli onori della cronaca per il licenziamento collettivo dei suoi dipendenti.

L’ex amministratore, sessantenne originario di Brescia, è indagato per non aver provveduto, per l’anno 2014, al versamento di imposte (IVA) per oltre un milione di euro.

Il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, il cui contesto penale trae origine dall’esito di una attività ispettiva eseguita dall’Agenzia delle Entrate di Catania, consegue alle mirate indagini patrimoniali compiute dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria che hanno, dunque, consentito di individuare e sottoporre a sequestro preventivo 4 unità immobiliari abitative e commerciali ubicate nella provincia di Brescia, 1 autovettura nonché la liquidità presente sui conti correnti del predetto indagato e della società QE’.

Sulla vicenda è intervenuta la Slc Cgil di Catania, che ha espresso “soddisfazione” per l’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Catania. Commentano il segretario generale della Slc Cgil di Catania Davide Foti, insieme a Valentina Borzì e Giovanni Arcidiacono, ex Rsu del call Center Qè: “La notizia ci riempie di gioia, non solo perché rivela l’impegno della magistratura e delle forze dell’ordine a favore della legalità, ma soprattutto perché le lavoratrici ed i lavoratori avevano il diritto di ricevere giustizia; ne siamo lieti, anche se ci troviamo solo all’inizio del percorso giudiziario. Da più di un anno, ed in tutte le sedi istituzionali, abbiamo denunciato più volte le irregolarità finanziarie e organizzative rispetto alla gestione dell’azienda, senza mai avere paura di portare avanti i principi di legalità e giustizia. Un plauso va alla magistratura e alle forze dell’ordine in cui riponiamo totale speranza e fiducia rispetto a questa ennesima situazione di malaffare e illegalità nel nostro territorio. Oltre al danno economico il grave prezzo da pagare è la perdita del lavoro e della dignità da parte dei circa 600 lavoratori. Insieme a loro stiamo lottando per un progetto di reinsediamento locale ed innovativo per permettere il recupero di una così grave situazione lavorativa. Il sindacato ed i lavoratori conoscono la differenza tra certezze e promesse, legalità e illegalità, e proprio per questo ci auspichiamo una veloce risoluzione del procedimento giudiziario per poter finalmente recuperare le somme lavorate, i contributi non pagati ed il Tfr”.