Ezio Costanzo: “Non esiste una foto asettica che racconti la storia senza l’influenza personale del fotografo”

CATANIA – Ezio Costanzo storico della fotografia, docente di Storia del Reportage presso l’Accademia di Belle Arti di Catania e giornalista, presenta alle Ciminiere nella sala del Museo dello Sbarco in Sicilia 1943 dedicata a Phil Stern il volume L’istante e la storia. Reportage e documentazione fotografica. Dalle origini alla Magnum, Le Nove Muse Editrice, realizzato con il contributo della Fondazione Oelle Mediterraneo Antico. Incontriamo subito dopo la presentazione l’autore scoprendo alcuni aspetti che hanno portato alla realizzazione del libro e, soprattutto, se può esistere una foto asettica che racconti la storia senza influenze personali.

Ci racconta com’è nato questo volume ricco di importanti reperti fotografici?

«Ho deciso di raccontare il mondo della documentazione fotografica come narrazione storica, facendo un po’ d’ordine nella materia scrivendo un libro destinato non solo ad un pubblico studentesco ma anche agli appassionati della fotografia. Non ho raccontato solo l’evoluzione tecnica del mezzo fotografico, ma le storie dei protagonisti che hanno immortalato attraverso gli istanti della fotografia la nostra vita. Il libro studia l’invenzione della fotografia dal 1842, tre anni dopo la sua nascita, fino al 1947 ovvero agli anni dell’Agenzia Magnum e di Robert Capa ed Henri Cartier Bresson autori che hanno scritto la storia».

Da Nadar, padre ed inventore della fotografia  fino all’arrivo del digitale non è cambiato solo l’approccio a questo tipo di arte ma è stato possibile fermare la storia in uno scatto. Quest’evoluzione avviene anche nella fotografia da guerra il settore principe del fotoreportage… 

«Tutto si evolve e agli inizi del Novecento con l’avvento della Leica, macchina fotografica di gran lunga più leggera e maneggevole, è più facile far parte dell’azione fotografica che si racconta e vivere la vita delle trincee. Non era possibile prima dell’avvento della leica poter pensare di fotografare un’azione di guerra in quanto la macchina fotografica aveva dimensioni impossibili da trasportare».

Quando si scatta una foto è possibile, secondo lei, non farsi influenzare dalle proprie idee o si fotografa sempre una realtà filtrata?

«Il fotografo nel momento dello scatto ha sempre una sua opinione che trasmette nelle sue immagini. Non esiste un’idea né una foto asettica senza un’influenza personale».

Grazie al digitale tutti sono un po’ fotografi possiamo paragonare con le dovute distanze quest’evoluzione tecnologica all’invenzione della prima macchinetta portatile kodak a dodici pose?

«Quando la kodak costruì la prima macchinetta portatile abbiamo avuto la possibilità di avere una documentazione dettagliata del fronte restituendo una parte di storia, oggi conservata negli archivi di Stato, poiché tutti i soldati ne possedevano una. Il digitale ha rivoluzionato la fotografia, l’unica cosa che non accetto è la manipolazione quella estrema che con tutti i filtri snatura l’essenza stessa della fotografia e della realtà e m’infastidisce quando tutto questo lo fanno i fotografi professionisti».