La “serata esemplare” di Daniel Pennac al Teatro Bellini

CATANIA – Bisogna dire grazie agli incredibili disservizi del Teatro Massimo Bellini per la splendida serata di ieri con lo scrittore Daniel Pennac. “L’amore esemplare”, la piéce scritta e interpretata dal papà di Benjamin Malaussène che ha concluso proprio a Catania il tour nei teatri italiani, avrebbe  divertito comunque gli spettatori con la storia di Jean e Germaine. Li avrebbe commossi, pure, con il racconto di un amore così puro da avere incantato un bambino – il piccolo Daniel – spingendolo anni dopo a raccontare la storia in un fumetto disegnato da Florence “Flo” Cestac. E ad adattarlo poi per il teatro, per la regia di Clara Bauer.

Ma è quando la telecamera messa a disposizione dall’Ente lirico catanese decide di non funzionare più che la serata cambia. E mentre le maestranze cercano di ripristinarla – per consentire ai disegni della brava Flo di accompagnare la recita – che lo Pennac e la sua compagnia danno il meglio sé. Pennac improvvisa monologhi sul Caso, con l’aiuto dell’attrice Ludovica Tinghi che ha il compito di riportare in italiano le frasi dello scrittore (“Trent’anni che vengo in Italia e non parlo la lingua. Che vergogna!)”. Sapremo così che ad un giovanissimo Daniel nientemeno che Vladimir Nabokov ha insegnato cosa fosse il Caso. L’intermezzo regge per oltre venti minuti, mentre alle spalle della compagnia i tecnici riescono ad improvvisare un’altra telecamera, per quanto pericolosamente ondeggiante. Lo spettacolo – quello principale – può riprendere.

Accompagnato da Ludovica Tinghi e Massimiliano Barbini, oltre che dai disegni di Flo, Pennac si rigetta nell’amore perfetto che conobbe da bambino. E incanta entrando e uscendo dal racconto, unendo nei ricordi verità e fantasia. Chi ha letto “Ecco la storia”, per fare un titolo, non si sorprenderà di come il genio francese sappia unire mille fili e cucirli tutti senza risultare sconclusionato. Così nell’amore esemplare di Jean e Germaine si innestano anche l’infanzia felice con il fratello Bernard, la critica della ragione impura di alcune vecchie pettegole impegnate in finte sedute spiritiche, il racconto dell’esperienza di professore, durata vent’anni prima che Pennac scegliesse di dedicarsi totalmente alla letteratura.  Ma c’è anche il dolore dell’invasione nazista, e la fascinazione del socialismo come una speranza. Infine una tomba, dove Jean e Germaine riposano insieme dopo essersi semplicemente amati per tutta la vita. Un amore che in effetti non aveva nulla di speciale, né lo cercava. E perciò era straordinario.

Malgrado gli imprevisti in scena, e forse grazie a questi, Pennac e i suoi attori hanno regalato al pubblico catanese una serata esemplare. Condita di opportuni riferimenti alla letteratura siciliana – Pirandello, Sciascia, Tomasi di Lampedusa – pasticciata di carte e banane parlanti, strapazzata dal Caso così come lo insegnava Nabokov. Che lui e Pennac non si siano mai conosciuti non ha nessunissima importanza.