Twitter all’ultimo cinguettio?

La nota piattaforma social è da tempo in crisi economica.

L’uccellino bianco su sfondo azzurro si ritrova oggi ad avere ricavi sempre più bassi rispetto a colossi che invece aumentano i loro fatturati come Facebook e Google.

Il tweet, termine entrato oramai nel linguaggio comune per indicare la brevità di un discorso o di una frase, non porta guadagni e rendono spesso obsoleto il servizio offerto rispetto ad un social come Facebook, dove è possibile inserire oramai di tutto in un post, o Instagram che ha fatto della fotografia la sua arma.

È anche vero che Twitter permette da tempo anche live video, fu la prima con Periscope, e la piena condivisione di foto e brevi video, ma l’appeal con i millenial continua ad essere altalenante, dovuto troppo al testimonial del momento e poco all’affezione verso il social.

Nel secondo trimestre del 2015 Twitter contava solamente 304 milioni di utenti attivi mensili, poco più del 10% di quelli dell’anno precedente. Per avere un’idea della differenza con Facebook, si pensi che il social di Zuckerberg ha raggiunto l’incredibile numero di 2 miliardi di utenti attivi ogni mese!

Gli utenti attivi portano visibilità, maggiore possibilità di visibilità per sponsor e influencer, maggiore flusso di dati e quindi maggiori introiti.

Twittare non porta introiti ed i tanti botta e risposta (retweet, cita tweet, @tag, cancelletti, @nomeutente) non portano all’azienda quanto una foto o un breve video di Shakira su Instagram.

Quotata in borsa dal 2013, ha chiuso il 2016 con quasi 2 miliardi di perdite.

E allora cosa fare? Come affrontare una crisi nel settore digitale?

Le opzioni proposte all’analisi degli azionisti sono tre:

  • Una versione lite (leggera) di Twitter che riesca a ridurre fino del 70% il consumo di dati (visualizzando solo anteprime delle immagini, ecc.) per assicurare continuità nella navigazione anche quando la connessione è del tutto assente, per attaccare fortemente i “mercati emergenti”.
  • Vendere la piattaforma ai suoi utenti per essere in grado <<Senza le pressioni a breve termine da parte dei mercati azionari – così si legge nel documento firmato dagli azionisti del social – di realizzare il valore potenziale di Twitter>>.
  • Un servizio premium per professionisti del digitale da far pagare. Una versione “più evoluta” per gestire al meglio la propria immagine. Come se non ci volesse comunque un esperto che conosce bene il settore di riferimento!

La “crisi nel digitale” sembrava essere inevitabile, prima o poi, e Twitter è l’esempio della bolla che cresce a dismisura, ma che non realizza guadagni reali e alla fine esplode.

Il mercato dei social è uno dei più recenti e la pubblicità, oltre alla vendita dei dati sensibili, rimane ad oggi l’unico modo per restare a galla… anzi, in questo caso, per continuare a cinguettare.

 

D.D.B.