Tre sanitari del pronto soccorso dell’Ospedale Santo Bambino di Catania sono stati sospesi dall’esercizio del pubblico ufficio di medico in seguito alla richiesta della Procura della Repubblica di Catania.
Le indagini degli investigatori hanno accertato che il 2 luglio 2015 le dott.sse Amalia Daniele Palano (sospesa per 12 mesi) e Gina Currao (6 mesi) in occasione del parto della ventiseienne catanese Deborah Percolla, per la “fretta” di concludere il proprio orario di lavoro, avrebbero omesso di intervenire con parto cesareo nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale evidenziati dal tracciato (ben cinque episodi di bradicardia in poco più di un’ora).
Le stesse, inoltre, avrebbero somministrato alla paziente un farmaco, l’atropina, controindicato nei casi di sofferenza fetale, simulando in questo modo una regolarità del tracciato, in realtà insussistente. Il tutto omettendo di segnalare tali avvenimenti in cartella e di informare i colleghi del turno successivo, impossibilitati così ad avere immediata cognizione dell’estrema gravità della situazione clinica.
Un altro sanitario, la dott.ssa Paola Cairone (sospesa per 4 mesi), non essendo comunque a conoscenza delle condotte delle colleghe, avrebbe posto in essere delle condotte negligenti ed imprudenti – omesse in cartella clinica, realizzando una serie di falsi per occultare la propria condotta – praticando per due volte la “manovra di Kristeller”, pratica bandita dalle linee guida, e non contattando tempestivamente il neonatologo.
Il conseguente ritardo nell’intervento di rianimazione ha causato al neonato, venuto alla luce con un giro di cordone intorno al collo, gravissime lesioni: “grave encefalopatia ipossico ischemica, tetra paresi spastica, grave ritardo neuro psico motorio, microcefalea, epilessia generalizzata sintomatica, con conseguente indebolimento permanente del tronco neuroencefalico e con gravissime implicazioni anatomo funzionali”.
E’ stata, infine, accertata una prassi consolidata instaurata dai sanitari del Santo Bambino, talvolta anche imposta alle ostetriche, secondo la quale le cartelle cliniche verrebbero redatte successivamente rispetto all’insorgere di avvenimenti clinicamente rilevanti al fine di occultare le prove di eventuali responsabilità mediche.