“Ancora non abbiamo i dati ufficiali del nostro osservatorio ma, a naso, il 2016 non è stato un anno positivo”. Così Giovanni Brancati, segretario provinciale della Cna di Ragusa, esordisce per descrivere l’anno appena trascorso in provincia.
Dopo l’analisi del nostro giornale – con un report dettagliato sull’economia iblea – abbiamo contattato le associazioni di categoria e sindacali per tratteggiare un quadro quanto più esaustivo della provincia.
Tra criticità e prospettive Brancati tratteggia comunque una provincia in sofferenza ma che intravede spiragli di luce.
Che anno è stato il 2016 per la provincia iblea e per la sua economia?
“Non positivo dai riscontri che abbiamo sinora sotto il profilo economico ma chiaramente vi sono diverse congiunture e situazioni poco favorevoli. Vi è stato, ad esempio, un crollo progressivo del numero di imprese artigiane iscritte alla Camera di Commercio specie tra il 2012 e il 2015 e temo che questo trend sia proseguito anche nel 2016. Abbiamo avuto un saldo parecchio negativo che si era interrotto soltanto alla fine del 2015. Ha pesato sicuramente la crisi dell’edilizia e la conseguente difficoltà di tante imprese del settore anche dell’impiantistica e dell’autotrasporto. Qualche segnale di ripresa lo abbiamo avuto dal settore agroalimentare e da quello dei servizi. Ma per un’inversione di tendenza occorre la buona salute del settore primario e terziario che al momento manca”.
Cosa possono fare le pubbliche amministrazioni per incoraggiare una ripresa?
“Se parliamo dei Comuni non si può non notare la loro crisi profonda. In provincia già alcuni sono in dissesto e molti altri hanno difficoltà. Forse solo Ragusa, per via delle royalties, vive più tranquilla. Alle amministrazioni locali potremmo chiedere di abbassare le tasse o mettere in campo aiuti strutturali per le imprese ma al momento non vi sono le condizioni. Qualcosa si può fare eliminando gli sprechi ma occorre che lo Stato e le Regioni decidano di investire seriamente e di sfruttare i fondi europei. In Sicilia spesso perdiamo milioni di euro per ritardi e inadempienze o addirittura i fondi non vengono nemmeno spesi”.
Nel nostro report su Ragusa abbiamo notato come negli ultimi anni vi sia comunque un’alta natalità di imprese. E’ un segnale incoraggiante?
“In generale diciamo che pur nelle difficoltà globali Ragusa mantiene livelli economici migliori di altre province. L’aumento delle imprese però spesso non è un buon segnale. Ciò significa che non vi sono molte assunzioni e chi è senza occupazione cerca di mettersi in proprio”.
I numeri del turismo in provincia sono in costante aumento. Può essere un volano di sviluppo?
“I pilastri rimangono l’agricoltura e il terziario ma il turismo può diventare un altro settore trainante. Ancora non incide particolarmente sul nostro pil provinciale e si potrebbe fare molto di più. In particolare dovremmo veicolare ancora di più il nostro agroalimentare con l’offerta turistica e investire molto specie sull’ospitalità. Ci sono tante piccole realtà recettive ma ancora poche le grandi strutture”.
L’aeroporto di Comiso quanto può incidere sullo sviluppo del ragusano?
“L’aeroporto sembra ancora un oggetto misterioso. C’è stato un aumento dei passeggeri ma ancora non siamo in attivo. Purtroppo siamo troppo legati a un’unica compagnia aerea: se Ryanair decidesse di andar via vi sarebbero problemi. Occorre lavorare ancora molto ma vi sono le condizioni per fare bene”.
Per anni Ragusa è stata isolata e senza infrastrutture. Adesso si parla di raddoppio della Ragusa – Catania: è arrivato finalmente il momento giusto?
“Speriamo di sì. Le infrastrutture migliorano la realtà economica di un territorio. Non dimentichiamo che per la Siracusa – Gela nel 2018 dovrebbe andare in esercizio per un tratto e in tempi medi dovrebbe partire il cantiere per la Ragusa – Catania. Si tratta di dati positivi”.