Un patto che impegna i firmatari alla “promozione dello sviluppo della Valle del Simeto in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale“. Eppure nel cuore di quella valle, là dove gli amministratori si sono impegnati anche a trovare soluzioni ottimali per il trattamento dei rifiuti, si staglia l’ombra di un termovalorizzatore. È quanto accade a Motta Sant’Anastasia, nel Catanese, dove dovrebbe sorgere un “Centro innovativo tecnologico” da 580 milioni di euro realizzato dalla società svizzera Nexxus Energy. Ma un gruppo di cittadini ha avviato una raccolta di firme per impedirne la realizzazione.
Il Comune etneo – un tempo più noto per essere “patria” dei numerosi militari statunitensi di stanza a Sigonella e per le feste medievali – adesso è famoso assieme al vicino centro di Misterbianco per ospitare alle proprie porte una delle discariche più grandi della regione. L’impianto, di proprietà della Oikos spa, è al centro anche di un processo avviato a Palermo per un presunto giro di corruzione in merito al rilascio delle concessioni dei permessi regionali.
Da anni si sono formati due comitati civici spontanei che chiedono la chiusura della discarica. La struttura accoglie rifiuti provenienti da quasi tutte le province siciliane e sorge a pochissimi chilometri dai due centri abitati, con gravi preoccupazioni per la salute dei residenti. L’attività della discarica, però, viene vista dall’impresa elvetica come “strategica” ai fini della realizzazione di un inceneritore.
Lo studio di fattibilità è stato inviato dalla Nexxus Energy al Comune e lo scorso 19 dicembre ha incassato il parere favorevole della giunta guidata dal sindaco Anastasio Carrà; ma adesso dovrà essere l’assemblea comunale a decidere se concedere la variante del Piano regolatore che permetterebbe la costruzione in due fasi di 22 piattaforme industriali, oltre a un centro di ricerche scientifiche, un parco attrezzato con lago, un museo e un punto di ristoro. Interessata un’area agricola coltivata soprattutto ad agrumi, 465mila metri quadri, a ridosso dello svincolo per Motta dell’autostrada Catania-Palermo.
Eppure il progetto dovrebbe essere portato a compimento all’interno della Valle del Simeto, la quale raccoglie diversi Comuni che hanno firmato il “Patto di Fiume Simeto“. Si tratta di un protocollo d’intesa che coinvolge tra gli altri anche l’università etnea e le Soprintendenze di Catania ed Enna; oltre ovviamente a Motta, che ha aderito nel 2014.
Nei prossimi anni obiettivo dei firmatari sarà “migliorare la qualità della vita delle comunità antropiche (viste come interdipendenti dalle altre specie viventi e dalle risorse naturali della Valle) incrementando le opportunità (lavoro, cultura, rapporti sociali e affettivi) per vecchi e nuovi abitanti“. E un termovalorizzatore, agli occhi di molti cittadini e non solo, sembra cozzare con tale scopo.
Per queste ragioni è stata avviata una raccolta firme online che in pochi giorni ha raggiunto quasi mille adesioni. Quello che gli oppositori del progetto vedono è “un forte disorientamento riguardo a valori e convincimenti che si ritenevano acquisiti in modo definitivo, considerata l’adesione del comune di Motta Sant’Anastasia al Patto per il Simeto che esclude in modo tassativo ogni riferimento a forme di termovalorizzazione e/o di incenerimento come pratica di trattamento o di smaltimento del rifiuto“, si legge nel testo della petizione.
“Si rileva una scorrettezza di fondo praticata dal sindaco e dalla giunta nei confronti del consiglio comunale di Motta Sant’Anastasia, del Patto di fiume Simeto e del Presidio partecipativo per il patto di fiume Simeto – prosegue ancora la nota – sciogliendo motu proprio il vincolo di complementarietà che sussiste con l’adesione alla democrazia partecipativa“.
Sul caso si è già espressa la commissione Urbanistica, che ha dato parere contrario. Adesso gli occhi sono puntati sui consiglieri comunali, sui quali pende una enorme responsabilità, non soltanto politica.