Trenta arrestati per associazione e delinquere di stampo mafioso dalla squadra mobile di Catania e dal servizio centrale operativo (SCO): duro colpo della magistratura al clan Cappello-Bonaccorsi.
Ma vi sono indagati solamente per intestazione fittizia dei beni e quindi non arrestati. A costoro sono stati sequestrati i beni e le attività di cui erano intestatari
Ma anche il sequestro di beni ed attività: numerosi fabbricati, autoveicoli, motoveicoli, rapporti con istituti di credito e finanziari, e numerose attività commerciali: vendita di abbigliamento, articoli per la casa, bar, ristoranti.
Il valore dei beni sequestrati supera i 10 milioni di euro.
Gli arrestati sono stati associati alle carceri di Catania-Bicocca, Messina, Siracusa “Cavadonna” e Caltanissetta. All’operazione, denominata Penelope, hanno preso parte oltre 300 unità che hanno operato in Sicilia e Calabria.
Nel corso di una conferenza stampa presieduta dal procuratore Carmelo Zuccaro con a fianco il questore Marcello Cardona, alcuni sostituti, il capo della squadra mobile Antonio Salvago, ed il responsabile dello SCO
Definiti i ruoli dei principali protagonisti del clan ed anche l’articolazione dell’organizzazione nel territorio e identificati sia le modalità di reperimento criminale di risorse che anche il successivo impiego in attività apparentemente legali.
Fonte di approvvigionamento lo spaccio di stupefacenti, a S. Cristoforo e Librino. Le somme ricavate in parte servivano a stipendiare gli affiliati ( 500, 1000 euro a seconda della caratura criminale, ben 10 mila al mese a Cappello).
Il gruppo di comando era composto da Santo Strano, Giovanni Catanzaro, Giuseppe Salvatore Lombardo, Salvatore Massimino Salvo e Calogero Giuseppe Balsamo.
L’organizzazione era articolata in squadre che avevano “competenza” in ben definiti ambiti territoriali: responsabile per la città (Salvo), responsabile per i paesi (Balsamo), con riferimento a tutte le attività extraurbane (piana di Catania – Ramacca, Motta S. Anastasia – e hinterland pedemontano).
Importante anche il ruolo di Maria Rosaria Campagna, moglie di Salvatore Cappello, che teneva i contatti con il marito in carcere, trasmettendone gli ordini, ma che nel tempo si era conquistata una propria autorevolezza, riconosciuta dagli altri membri del clan.
Ma l’attività imprenditoriale altamente redditizia esercitata dal gruppo riguardava la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti con le aziende Geo Ambiente srl, Clean Up srl ed DEco Business srl, risalente all’imprenditore Giuseppe Guglielmino.
Con l’escamotage del ricorso alle A.T.I. (associazioni temporanee di imprese) eludevano le formalità dell’antimafia espletate dalle prefetture( come ha sottolineato il sostituto Pasquale Pacifico) e si aggiudicavano appalti nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa. Attività che si era allargata anche alla Calabria, sia nel versante tirrenico che nella Locride, previo contatti con esponenti di rilievo della ‘ndrangheta.
A dirimere contrasti con le cosche locali (incendio di automezzi) era intervenuto Santo Strano. Peraltro l’organizzazione, nel partecipare agli appalti, poteva proporre ribassi fuori dal mercato che le altre società non potevano permettersi.
Difficoltosa è stata l’organizzazione della “retata” per il continuo spostamento dei componenti del clan, per cui il “via libera” è stato spostato più volte: da quì la denominazione di operazione “Penelope”. Ad esempio Massimiliano Salvo è stato seguito fino a Parma ed arrestato in piena notte nell’albergo dov’era alloggiato.
Un’organizzazione è stato precisato dal procuratore Carmelo Zuccaro, dal questore Carbona, dai sostituti, dal capo della squadra mobile, Salvago, dal responsabile dello SCO, ben articolata dal punto di vista militare, finanziario ed imprenditoriale.
Con la loro attività criminale sottraeva sana economia al territorio, impedendone la crescita.
Ancora una volta è stata ribadita la perfetta collaborazione e sincronia fra magistrati del pool che si occupa di reati economici, della polizia, nelle sue articolazioni, ed anche di carabinieri e guardia di finanza, nel perseguire i reati che consentono di sottrarre alla criminalità organizzata i patrimoni illecitamente realizzati.
Le misure cautelari hanno riguardato BALSAMO Calogero Giuseppe (cl.1960), pregiudicato; BALSAMO Massimiliano (cl. 1975), pregiudicato; BALSAMO Salvatore (cl. 1985), pregiudicato; BRUNO Giovanni (cl.1958), pregiudicato; CALOGERO Sebastiano (cl.1985), inteso “u picciriddu”, pregiudicato; CAMBRIA Andrea (cl.1963), pregiudicato, già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Agrigento; CAMPAGNA Maria Rosaria (cl.1969), pregiudicata; CATANZARO Giovanni, (cl.1965), inteso “u milanisi”, pregiudicato; DI MAURO Carmelo (cl. 1986), pregiudicato; DI MAURO Orazio (cl.1982), pregiudicato; GIANNINO’ Carmelo (cl.1963), pregiudicato; GRECO Domenico (cl.1975), inteso “u ciociu”, pregiudicato; GUGLIELMINO Giuseppe (cl.1974), pregiudicato, già sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa; LICANDRO Carmelo (cl.1971), inteso “Melu fungia”, pregiudicato;
LOMBARDO Giuseppe Salvatore (cl.1967), inteso “Salvuccio ‘u ciuraru”, pregiudicato, Sorvegliato Speciale di P.S; LUPICA Mario (cl.1966); NIGRO Emanuele Giuseppe (cl.1982);
PALAZZOLO Giuseppe (cl.1966), inteso “Pippo ca’ lente”, pregiudicato; PIRO Giuseppe (cl.1991) pregiudicato; PRIVITERA Giovanni Matteo (cl.1967), inteso “Peri ‘i iaddina”, pregiudicato; RAPISARDA Antonio Fabio (cl.1987) già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Catania – “Piazza Lanza”; RAVANESCHI Giuseppe (cl.1969), inteso “Pippo pilu russu”, pregiudicato; RINDONE Claudio Calogero (cl.1981); SALVO Salvatore Massimiliano (cl.1982), inteso “Massimo ‘u carruzzeri”, pregiudicato; SCALIA Antonio (cl. 1987); STRANO Santo (cl. 1966), inteso “facci ‘i palemmu”, pregiudicato, già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Voghera (PV); TROPEA Tommaso (cl.1964), inteso “Racci”, pregiudicato; VENTIMIGLIA Mario (cl.1986), pregiudicato; VINCI Luigi Sebastiano (cl.1975); ZAMPAGLIONE Nunzia, (cl.1977), intesa “Nancy”,
ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (clan Cappello – Bonaccorsi), con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, estorsione, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e intestazione fittizia di beni, aggravati dall’art.7 D.L.152/91.