Studenti disabili, l'allarme delle associazioni: "A rischio tutti i diritti"

L'assistenza agli allievi catanesi a carico della città metropolitana verrà garantita fino a giugno. Ma i timori dei genitori e dei lavoratori del settore non si placano: a marzo, infatti, arriverà alle Camere una legge delega che riforma la famosa 104 del 1992. "Dicono che favorirà l'inclusione scolastica, ma non è vero"

Disabilità bambini
Foto di DaveBleasdale. CC license
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Una buona notizia che non cancella i timori che aumentano in queste settimane. Se per un verso la città metropolitana di Catania garantirà il sostegno agli studenti disabili fino al termine dell’anno scolastico, la situazione si aggrava in maniera irreversibile se si guarda alle novità previste in ambito nazionale. L’ente che sostituisce nei fatti l’ex provincia etnea aveva in un primo momento annunciato l’interruzione dei servizi diretti agli allievi dal 15 febbraio, creando preoccupazioni nei genitori e nei dipendenti delle cooperative sociali che si occupano di assistenza alla comunicazione, assistenza igienico-sanitaria e trasporto. Le garanzie sono arrivate, almeno fino a giugno. Ma il rischio adesso è rappresentato dalla legge delega 378 in esame in parlamento che rischia di minare alle basi il sistema garantito da un’altra norma, la famosa 104 del 1992.

A lanciare l’allarme è anche l’associazione 20 novembre 1989, organizzazione catanese che offre supporto e assistenza. “Questa riforma riesce a disorientare sia le famiglie che i docenti e i precari della scuola e tutto il sistema di assistenza. Non c’è nessuno che la condivida“, dice Maurizio Benincasa, avvocato e presidente dell’associazione. “Questa legge nasce da una delega contenuta nel comma 180 della cosiddetta Buona scuola – precisa Benincasa – Il governo, prima di presentare il testo, avrebbe dovuto chiamare i rappresentanti delle associazioni, i sindacati e coinvolgere le famiglie. Era il minimo, prima di arrivare allo schema di disegno di legge“.

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Ma durante tutto l’iter non c’è stato alcun confronto e le Camere dovranno esprimere un parere – non vincolante – entro la metà di marzo.

Con le modifiche che arriveranno nei prossimi mesi “vengono scardinati tutti i diritti della legge 104, i diritti fondamentali dei bambini disabili“, attacca il legale. Ed emerge quello che secondo le associazioni è il vero nodo centrale: “È solo una questione economica – sostiene Maurizio Benincasa – In tutto il testo del disegno di legge ricorre continuamente la dicitura ‘nei limiti delle risorse disponibili’“. In questo modo, dunque, gli enti locali chiamati a sostenere il sistema di assistenza saranno giustificati se non verranno forniti quei servizi essenziali alla vita degli studenti disabili. Tutto questo nonostante alcune recenti sentenze della Corte costituzionale. Questa legge delega è costituzionalmente illegittima, sottolinea il legale. “Dicono sia un disegno che favorirà l’inclusione scolastica, ma non è vero“.

Fino a oggi, nel momento in cui la disabilità è accertata, immediatamente la legge 104 collega a quella forma di disabilità una serie di diritti: sostegno, assistenza continuativa, assistenza alla comunicazione, al trasporto“, elenca Benincasa.

Successivamente avviene quella che viene definita “la personalizzazione“: un piano creato su misura coinvolgendo sia l’Asp locale che i docenti di sostegno e soprattutto le singole famiglie. Così da garantire il massimo del supporto sulla base di potenzialità e bisogni.

Il disegno di legge prevede che scompaiono le famiglie e crea una commissione con quattro medici, un operatore sociale e un docente di sostegno nominato dall’ufficio regionale scolastico che non ha mai visto il bambino“. Una “super commissioneche, sulla base soltanto dei documenti, accerta il diritto a queste prestazioni e le quantifica. “Avranno assoluta discrezionalità e arbitrarietà – precisa il legale – Ma un diritto non può essere collegato a una valutazione di un atto amministrativo“.

La riforma avrà effetto sul sistema di assistenza che ogni giorno accompagna gli studenti diversamente abili in aula.

Il servizio di assistenza igienico-sanitario andrà svolto solo dal personale Ata adeguatamente formato con un corso da 40 ore, suddiviso tra teoria e pratica“. Però, – precisa il rappresentante dell’associazione, – “si tratta di persone non specializzate, che hanno già un carico di lavoro notevolissimo, che avvertono forte il senso di responsabilità e riconoscono i propri limiti“.

Limiti che sono anche di ordine pratico, dato che, per esempio, nel caso di gite o altre attività fuori dall’aula, il personale Ata non può assentarsi, costringendo così gli studenti a non partecipare e cancellando di fatto qualsiasi principio di inclusione. “Eppure noi in Sicilia abbiamo personale formato con 900 ore di formazione“. E il loro destino al momento sembra ignoto.

La riforma tocca pure il capitolo relativo all’assegnazione dei docenti di sostegno. Al momento sono le singole scuole a fornire, sulla base del numero di studenti disabili, il numero di insegnanti richiesti. A loro risponde il gruppo di lavoro per l’inclusione scolastica, “composto da un dirigente, diversi esperti e da componenti delle associazioni locali“.

Con i cambiamenti introdotti dalla legge delega, viene nominato un organo fatto “solo da dirigenti scolastici nominati a livello regionale“. Con il rischio di vedere diminuire ulteriormente le ore previste e aggirare le diverse sentenze che puntualmente condannano il ministero dell’Istruzione colpevole di non garantire il numero minimo di docenti richiesto.

Nel passaggio tra le scuole elementari e le medie abbiamo calcolato una contrazione delle ore di sostegno – descrive l’esperto – Parliamo di 432 ore in meno in un anno, in una fase delicatissima della formazione. E infatti vediamo sempre dei peggioramenti nei bambini“.

La legge 104 “è stata l’unica legge che ha garantito un minimo di tutela – riflette Maurizio Benincasa – Era un sistema di partecipazione, dal basso, che elaborava un progetto per il ragazzo conoscendolo“. Secondo i genitori e quanti lavorano nel settore, l‘intento del governo è solo “risparmiare, eliminare la carenza di diritti macroscopica nei confronti di migliaia di bambini e famiglie che si verificano continuamente – conclude – In questa maniera gli enti locali si sentiranno giustificati a fare altri tagli, dato che tutto è legato alla disponibilità dei fondi“.

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