L’agricoltura siciliana vive un momento di forte sofferenza. La crisi globale e la concorrenza sempre più agguerrita dei paesi esteri hanno condannato i produttori e le aziende dell’isola. Spesso si è fatto leva sull’associazionismo per cercare di ritornare ad essere competitivi.
Nanni Terranova – esponente AGCI (associazione generale cooperative italiane) – vive a Vittoria e ogni giorno affronta con gli imprenditori agricoli le difficoltà del settore.
– L’agricoltura del sud est siciliano ha diverse eccellenze ma non riesce a essere competitiva. Quali sono i punti su cui siamo indietro rispetto agli altri?
“L’agricoltura siciliana è in ginocchio. Vi sono tre cause: si stanno abbandono le terre per via della concorrenza sleale, le condizioni meteo hanno devastato le aziende e la pressione fiscale che non ha a pari in Europa. A questo stato di salute pessimo si aggiunge il fatto che in Sicilia in 7 anni sono arrivati solo 5 miliardi di euro di finanziamenti. Vi sono anche diversi dubbi perché ci chiediamo dove sono finite molte risorse come i fondi per lo sviluppo agricolo: come sono stati spesi e chi li ha intascati. A differenza di altri finanziamenti – come i fondi strutturali ove è facile reperire informazioni sui beneficiari – per il resto c’è poca trasparenza e ci si perde nei meandri del sito del psr Sicilia. Il psr ha finanziato di tutto dai corsi, ai premi di compensazione e molto altro. Sono stati fondi fondamentali ma è anche vero che la mafia ne ha saputo approfittare come i boss che hanno accumulato terreni e quindi fondi tramite violenze e racket”.
– Quali sono le maggiori difficoltà attuali dei vostri associati?
“Le difficoltà maggiori riguardano l’accesso al credito: la crisi ha colpito il sistema delle imprese cooperative siciliane. Secondo gli ultimi dati il 63 per cento delle coop agricole del sud est ha dichiarato che l’andamento degli affari è stato condizionato dalla crisi economica e il 70 per cento lamenta le sempre più minori concessioni di credito. L’unico ente che sta dando un piccolo aiuto mediante il credito esercizio è l’Ircac che sta dando un sostegno ma è troppo poco. Serve un aiuto concreto alle imprese cooperative e la Regione deve occuparsene al più presto”.
– Come mai, specie al sud, manca la capacità di aggregare la produzione?
“Ho sempre sostenuto che dove c’è cultura non c’è bisogno di finanziare l’aggregazione. Ci sono canali di finanziamento per contesti di aggregazione come le op, i consorzi e le cooperative e quindi stare insieme diventa un presupposto fondamentale. Ritengo che però abbiamo speso molto nel passato sbagliando spesso perché non abbiamo prodotto competitività, aggregazione e innovazione. Al sud il vicino viene vissuto non come un alleato ma combattuto sino alla morte. Noi cerchiamo di fare il contrario mettendo sullo stesso tavolo i confinanti. Dai campi non vanno cacciate le vecchie generazioni ma sono convinto che un contadino messo in campo produrrà condivisione e insegnamenti con il supporto delle tecnologie. Le piccole aziende sono destinate a morire e occorre fare rete e aggregazione. Serve che le op facciano interessi degli associati e devono essere motori trainanti e non aziende a conduzione familiare”.
– Quali le vostre iniziative a tutela del settore?
“Recentemente AGCI, insieme alle altre due centrali Legacoop e Confcooperative, ha concluso una tre giorni sui processi di internazionalizzazione con un programma dettagliato sulla specializzazione. Ci si è confrontati sui mercati esteri, specie sui paesi nordici ed Emirati Arabi, e sulle opportunità per il territorio. Stiamo attivando collaborazioni con le università e altri enti per offrire servizi a costo zero ai nostri associati”.
– Il psr è una opportunità seria di sviluppo o si unisce al coro di critiche piovute sul piano?
“Il nuovo psr con le poche misure uscite sembra creato solo per le grandi aziende viste le difficoltà per le piccole di raggiungere i requisiti presenti nel bando. Non è questo il modo di sostenere nostra agricoltura: spero che si modifichino i criteri di accesso”.