“A non capirlo è solo l’amministrazione Bianco, ma i PRG vanno fatti”. I vertici dell’associazione commercianti di Catania chiedono, ancora una volta, a gran voce che l’amministrazione comunale di Catania rispetti le norme in vigore e doti la Città di un PRG, ma anche di un piano commerciale.
“La nota della Regione è chiara – affermano Giovanni Saguto e Francesco Sorbello, rispettivamente presidente e vice direttore dell’associazione commercianti di Catania – nel sottolineare l’obbligo dei comuni alla revisione generale del PRG. Nell’oggetto e nel corpo della missiva del 7 aprile questo concetto è affermato senza possibilità di equivoco. Tra l’altro non è la prima volta che all’amministrazione Bianco è notificato questo obbligo di legge. La Regione, tra l’altro, rimprovera all’amministrazione Bianco di non aver evaso una precedente nota con cui si chiedevano notizie sullo stato di procedura di revisione di un PRG, quello del 1969, definito oramai obsoleto. Occorre aggiungere che la revisione del PRG sarebbe una buona occasione per elaborare anche il piano di urbanistica commerciale sul quale attendiamo ancora la costituzione di un tavolo tecnico. Non si comprende questo tergiversare e nascondersi dietro un piano metropolitano difficile solo ad immaginarsi in questo momento. In ogni caso le norme vanno rispettate. ”.
Per Confcommercio, pertanto, “l’amministrazione è inadempiente e non sono convincenti le dichiarazioni dell’assessore all’urbanistica che afferma di aver avviato la pianificazione del territorio partendo da una variante del centro storico”.
“Una variante del centro storico fu presentata nel febbraio 2015 – dichiarano Sorbello e Saguto – ma quell’atto ebbe vita breve anche per effetto delle osservazioni critiche che Confcommercio ebbe a fare. Nel 2016, invece, ai sensi della l.r. 13/2015, l’amministrazione ha elaborato lo studio di dettaglio delle tipologie edilizie. Uno strumento che non può essere considerato una pianificazione organica del territorio e che si presentava privo di qualsivoglia visione strategica. Infatti, nelle aree di rifunzionalizzazione, ovvero gli ospedali da dismettere, non vi erano scelte strategiche e chiare. Venivano previste tutte le funzioni, dalla residenziale alla ricettiva alla direzionale e commerciale. Addirittura nell’ambito definito H3, quello del Vittorio Emanuele, la funzione di campus universitario, insieme a quella ricettiva e di intrattenimento e svago, avrebbe dovuto costituire una funzione esclusiva e caratterizzante in simbiosi con il polo universitario: veniva prevista, invece, anche la funzione residenziale. Insomma quella proposta permette di tutto e di più”.
E aggiungono.
“Nei tre comparti ospedalieri il 20% della cubatura esistente veniva così destinata a funzione residenziale: si tratta di circa 90 mila mc di residenziale. Fate voi i conti di cosa significa in termini di vani. Tutto ciò a fronte di ben 20 mila vani disabitati, così come dichiarato dall’amministrazione: in tale situazione prevedere nuove funzioni residenziali non pare un segno di grande coerenza”.
E concludono
“Avemmo modo, inoltre, di constatare, producendo una rassegna fotografica, che troppi edifici furono impropriamente classificati come TC e T1, edilizia qualificata e qualificata speciale, nei quali non sono permessi interventi di ristrutturazione edilizia e, quindi, il loro pieno utilizzo e recupero per mancanza di interesse e convenienza dei proprietari”.