L’Italia e’ il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 5,1 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a 1,4 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano il 41% della produzione nazionale, seguite dalle Marche. Ben 2,3 milioni di tonnellate di grano duro arrivano dall’estero in un anno senza che questo sia noto ai consumatori in etichetta.
Aumentano del 15% le importazioni di grano duro dal Canada destinate alla produzione di pasta senza alcuna indicazione in etichetta sulla reale origine.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017. “Piu’ della meta’ del grano duro importato in Italia – sottolinea la Coldiretti – proviene dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perche’ accusato di essere cancerogeno”.
“Ma la mancanza dell’etichetta di origine non consente – sottolinea la Coldiretti – di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia nazionale”.
“L’81 % dei consumatori italiani – continua la Coldiretti – ritiene che la mancanza di etichettatura di origine nella pasta possa essere ingannevole secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole”.
“Si tratta di un provvedimento fortemente sostenuto e atteso dalla Coldiretti per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese.
“In pericolo – precisa Moncalvo – non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”.