I vincoli dettati dai Piani paesaggistici della Regione bloccano in Sicilia investimenti per circa due miliardi di euro: dal “caso Ragusa” di cui parla oggi il Sole24ore dove le prescrizioni hanno paralizzato la ricerca e il successivo sfruttamento di idrocarburi, agli investimenti previsti da Terna per completamento dell’anello a 380 Kv che consentirebbe all’Isola di avere una rete elettrica stabile ed efficiente. Solo due esempi di blocchi determinati da Piani che acriticamente e univocamente hanno posto una generalizzata dichiarazione di notevole interesse ambientale anche su Aree dove esistono attività produttive da decenni, condannandole di fatto alla chiusura. “Se vogliamo che la Sicilia sia attrattiva per nuovi investimenti e per quelli che ci sono già dobbiamo garantire certezza – afferma il presidente di Sicindustria, Giuseppe Catanzaro –. Non è possibile pensare di cambiare le regole del gioco mentre si è in campo. La tutela dell’ambiente è una nostra priorità e le nostre imprese spendono ingenti risorse per garantire il rispetto delle normative. Questo è un loro dovere. Ma accanto al dovere c’è il diritto di avere regole chiare, tempi certi e interlocutori terzi capaci di applicare la legge in maniera laica”.
In particolare in ballo ci sono attualmente gli 800 milioni programmati da Terna per la rete ad alta tensione; i 180 milioni pianificati da A2A per il termovalizzatore nel Messinese; i 100 milioni bloccati in provincia di Ragusa sul fronte petrolifero. E ancora, i 500 milioni fermi a Siracusa destinati ai porti turistici e altre infrastrutture ricettive e il miliardo di euro stimato da Ance per opere stradali, autostradali e della depurazione.
“Il fatto che alcune Soprintendenze appongano vincoli paesaggistici su impianti esistenti da decenni senza effettuare la necessaria ricognizione delle attività esistenti sulle aree oggetto di pianificazione – aggiunge Catanzaro – genera sfiducia in chi, fidandosi delle autorizzazioni già acquisite dalla Regione, ha investito centinaia di milioni di euro e spinge chi ha in animo di investire in Sicilia a cambiare strada. Nei fatti si dice alle imprese chiudete gli impianti andate altrove. Siamo davanti ad atteggiamenti anti-impresa che mettono in ginocchio non solo il singolo imprenditore, ma intere collettività. Forse ci si dimentica, infatti, che una società economicamente evoluta si fonda proprio sulle imprese che creano ricchezza attraverso il lavoro e il gettito fiscale. È inconcepibile che Uffici della stessa Regione siciliana diano indicazioni opposte sugli stessi argomenti disconoscendo quanto già deciso in precedenza e che una impresa sia messa in crisi da simili condotte. L’esempio pratico? Il Dipartimento Energia ha autorizzato nel tempo, con il parere favorevole della Soprintendenza in diversi casi, investimenti che la stessa Regione con la Soprintendenza ha poi disconosciuto, apponendo vincoli su aree nelle quali insistono sin dalla metà degli anni Cinquanta impianti produttivi. Assistere poi a un rimpallo di responsabilità come leggiamo oggi sul Sole24Ore dove il Sovrintendente di Ragusa riporta tutto a scelte politiche non ci rasserena. Alle imprese non interessa sapere chi decide. Alle imprese interessa non restare stritolate da scelte che nulla hanno a che vedere con la tutela del territorio, del sistema economico e quindi dei lavoratori”.