Dal Sud al Sud del Mondo – Viaggio tra vecchie paure e nuove inquietudini. Ultima parte

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L’Uruguay, la fine del viaggio, le nuove inquietudini e speranze

L’ultima tappa di questo viaggio finalizzato a capire cosa succede in Sud America è l’Uraguay, un Paese, ci dicono , lanciato nel futuro, in pieno sviluppo, con una qualità della vita che è la più alta dell’America latina, dove i matrimoni gay sono legali e le farmacie possono vendere liberamente la cannabis (non ai turisti però). La domenica mattina Montevideo sembra deserta: bar e ristoranti ed esercizi commerciali sono quasi tutti chiusi perché, ci dice una ragazza cubana da noi interpellata, “qui i giorni festivi sono riservati al riposo”. Girando tra i palazzi in art decò che contendono lo spazio ai grattacieli e tra le caratteristiche vie della città vecchia incontriamo poche persone, tutte con il thermos di mate sotto braccio.

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L’Uraguay è un paese davvero strano, una vera anomalia rispetto agli altri Paesi dell’America Latina: poca corruzione, molto sicurezza, grande fermento culturale.

Montevideo, che al primo impatto mi è sembrata strana, quasi inospitale, è invece un luogo magico dove è possibile incontrare al mercato della città vecchia da Pepe Mujicá, il mitico ex presidente con un passato da guerrigliero tupamaro, con il quale si possono scambiare due chiacchiere davanti a un caffè, a un un ex calciatore che, dopo aver guadagnato tantissimi soldi dando calci a una palla, anche in un’importante squadra italiana, ha sperperato tutto al gioco e adesso vive grazie alla generosità della titolare di un bar che ogni giorno gli offre la colazione.

Lascio questo vasto continente convinto che non ritornerà più ad essere ciò che era un tempo: il cortile di casa dell’America, ma non sarà più – almeno nell’immediato – neppure il luogo dove sperimentare con successo nuove forme di socialismo. Non so cosa sarà nel prossimo futuro, quel che so con certezza è che in tanti paesi dell’America meridionale spira un vento di destra che risveglia paure che sembravano dimenticate e suscita inquietudine e incertezza nel futuro.

“Un vento – dice Marcela, una funzionaria del ministero della cultura del governo argentino che ci ha accompagnato con la sua macchina a S. Andrés de Gilles per uno scambio di opinioni con i soci di un’associazione denominata “Avvenire d’Italia”  fondata nel 1883 – che in Argentina non incontra sulla sua strada una resistenza efficace a causa delle divisioni che ci sono nella sinistra, nel sindacato e nello stesso movimento peronista”.

Marcela esterna questo suo pensiero mentre visitiamo la bellissima azienda di Horacio Ferrari, un grande allevatore di cavalli da corsa e da monta, un imprenditore di origini piemontesi con il culto del gaucho – in onore del quale, oltre ad edificare all’interno della sua azienda un monumento imponente, ha allestito un museo dove sono custoditi una collezione di poncho, cappelli a larghe tese e gli attrezzi di questa particolare figura di mandriano a cavallo delle panpas argentine e uraguaiane.

Questa tendenza ad affermarsi da parte delle forze conservatrici già manifestatasi in Brasile, Perù,  Honduras (dove subito dopo la contrastatissima proclamazione il presidente  ha  sospeso le garanzie costituzionali e proclamato lo stato di emergenza) e appunto Argentina, contrariamente  a quando sosteneva Virginia Quezzada Morales, è stata confermata anche in Cile dalla vittoria al secondo turno delle elezioni presidenziali del candidato della destra, Sebastian Piñera, una sorta di Berlusconi in salsa cilena.

Dopo l’esperienza di Luis Inácio Lula, l’ex sindacalista divenuto presidente del Brasile – i cui sogni però si sono infranti dopo la condanna in primo grado a nove anni e mezzo per corruzione, travolgendo anche Dilma Rousseff che aveva ereditato la guida del paese –, di Hugo Rafael Chávez e Nicolás Maduro in Venezuela, di Michelle Bachelet, il primo presidente donna del Cile, del socialista Lenín Moreno in Ecuador (succeduto all’economista Rafael Correa, che durante la sua presidenza perseguì  l’obiettivo di un progresso economico non effimero, ottenendo risultati significativi nella riduzione della povertà e delle diseguaglianze ) e di Juan Manuel Santos che governa una Colombia pacificata –  un risultato questo che l’ha premiato l’anno scorso con il Nobel per la pace – ecco dopo tutte queste esperienze diverse e in qualche modo opposte è difficile pensare che tutto ciò possa essere definitivamente archiviato. Di questo è convinto Juan Evo Morales, l’ex leader sindacale dei coltivatori di coca che governa la Bolivia dal 2006 e che si presenta alle prossime elezioni presidenziali per ottenere il quarto mandato. Ecco il suo pensiero: “Bisogna pensare a modelli diversi di società rispetto al capitalismo. Non è accettabile che nel XXI secolo alcuni paesi e multinazionali continuino a provocare l’umanità e cerchino di conquistare l’egemonia sul pianeta. Sono arrivato alla conclusione che il capitalismo è il peggior nemico dell’umanità perché crea egoismo, individualismo, guerre mentre è interesse dell’umanità lottare per cambiare la situazione sociale ed ecologica del mondo”.

A prescindere dalle opinioni che si possono avere nei confronti delle ideologie e delle diverse forme di governo che hanno guidato tanti Paesi latino americani, l’anelito di libertà, la giustizia sociale, la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il rispetto dei diritti e della cultura delle popolazioni indigene, la protezione dell’ambiente, lo sviluppo economico, la promozione della legalità sono bisogni molto sentiti dai popoli del Sud America, la cui conquista può essere rallentata, ma non si può sopprimere.

Quindi più si rallenterà il processo di avvicinamento a questi obiettivi più veloce sarà la ricerca di una sperimentazione sincera e coraggiosa finalizzata a trovare soluzioni di governo non importate, ma da cucire addosso alle realtà per le quali vengono immaginate. Quante tracce delle esperienze di governo sin qui fatte e di socialismo potranno riscontrarsi nelle nuove sperimentazioni che si faranno non lo so, quello che so con certezza è che questa ricerca continuerà, forse con più forza di prima. 

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