Comunali, spunta anche Crocetta: “Io sindaco di Catania? Se la gente lo chiedesse non mi tirerei indietro”

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CATANIA – “Non sappiamo più cosa sia questo PD, c’è gente del centrodestra che viene da noi e riesce a trovarsi a casa. Non vorrei che ci riducessimo ad essere il lato B di Berlusconi”. È un Crocetta total black quello che convoca i giornalisti all’Hotel Nettuno di Catania per lanciare l’allarme sullo snaturamento del Partito Democratico. Lo stesso che ieri sera, nella sala grande delle Ciminiere, ha aperto la sfida per le Politiche sotto l’egida del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Una sala a dir poco variopinta, si legge sui giornali di oggi. Proprio su quelle facce si sofferma l’ex Presidente della Regione. E sulle Politiche del 4 marzo, a cui non parteciperà per il “tradimento” del segretario Renzi. Ma anche sulle Amministrative catanesi l’ex governatore ha qualcosa da dire.

Presidente, lei ha parlato di mutazione genetica in corso nel Partito Democratico. 

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“Come vuole chiamarla? Qui continuano ad arrivare uomini della destra mentre ci sono tante persone cresciute nel partito che manifestano disagio. Penso a Fausto Raciti, che ha annunciato le dimissioni da segretario regionale,  a Gianluca Scerri, che lascia il ruolo di segretario provinciale dei Giovani Democratici, a Giuseppe Caudo che è stato un fondatore e si dimette dalla Direzione. E ancora la nascita del movimento dei Partigiani PD, la sospensione di interi gruppi dirigenti e circoli territoriali”.

Anche lei è un partigiano?

“Molti di noi pensano che questo PD non si possa più definire ‘democratico’, e a dirla tutta nemmeno ‘partito’. Quando le liste siciliane vengono decise da Faraone e Renzi in segreto, senza che nessun’altro sia chiamato a discuterne, significa che non c’è più un partito ma una gestione personalistica ed autoreferenziale”.

Diranno che lei è arrabbiato perché è rimasto fuori dalle liste. 

“Dicano ciò che vogliono. Io sono un uomo delle Istituzioni, che non ha ambizioni, che non è arrabbiato perché Renzi dopo avermi promesso una candidatura ha poi tradito l’impegno. Non ho risentimento perché ho lavorato, ho una pensione, non amo la ricchezza, vivo una vita semplice senza lussi. Ad uscire sconfitto dalla formazione delle liste è tutto il partito, non un singolo”. 

Ieri alle Ciminiere il premier Paolo Gentiloni ha definito la squadra come “la migliore possibile”.

“Beh, i sondaggi dicono che il PD è fortemente in calo e dal 40% delle Europee oggi viaggia intorno al 20%, ha dimezzato i consensi. Qualcuno dovrebbe riflettere, a partire dalla gestione errata del referendum, trasformato in una vicenda personale dal Segretario. Dopo il 5 di marzo si aprirà una fase delicata, in cui si dovrà ricostruire una forza progressista e di sinistra”.

E’ escluso che possa essere il Partito Democratico?

“Questo dipende da Renzi. O sarà possibile portare avanti questa prospettiva dentro il PD, o credo che non ci sia alternativa a costruire un’altro contenitore. C’è un problema di igiene politica. Non si possono votare gli impresentabili, in qualunque lista si trovino. Questa è la mia battaglia di questi giorni”.

Da cento giorni non è più a Palazzo d’Orléans. Qual è la situazione in Regione?

“Trovo molto preoccupante il sistema consociativo che si è creato all’ARS. Di fatto non c’è più distinzione. Voglio ricordare le battaglie memorabili dei grillini contro di me, colpevole di parlare su certi temi il loro stesso linguaggio. Ricordo le battaglie dell’opposizione interna del PD, e il casino che faceva il centrodestra sulle nomine. Oggi si assiste all’epurazione di Antoci, un uomo che rischia la vita per aver avviato insieme al mio governo una battaglia per cacciare la mafia dal Parco dei Nebrodi. Nessuna forza politica gli ha dato la propria solidarietà, l’unica presa di posizione è stata la mia”.

Non si può dire che i giornali l’abbiano ignorata. 

“Vuole un altro esempio? La cancellazione della preferenza di genere.  Il PD e le forze progressiste dovrebbero fare il casino alla Regione. Le donne siciliane dovrebbero sollevarsi. Cancellare la norma significa fare un’attentato alla vita democratica della Sicilia, tornare ad un passato senza rappresentanza femminile nei consigli comunali. Fummo i primi ad approvare questa legge in Italia, con grande orgoglio, e ora questo si vorrebbe cancellare. Lo trovo di un maschilismo tremendo e vergognoso”.

Le è stato contestato di aver cambiato ben 52 assessori. Musumeci ha già dovuto sostituire Figuccia e dopo le elezioni potrebbe lasciare anche Sgarbi. 

“Io non avevo una vera maggioranza. Lui ce l’ha, uscita dalle elezioni. In pochi mesi ha cambiato due assessori, ma uno si è dimesso dopo 15 giorni in polemica con il Presidente dell’ARS. Un fatto poco credibile. Durante una trasmissione a La 7 Figuccia disse una cosa gravissima, che lui e la sua famiglia rischiavano la vita. Cosa Figuccia non dice? Sicuramente la vita non la rischiava per colpa dei dipendenti dell’ARS”.

Veniamo a Catania. Recentemente ha dichiarato di sentirsi a pieno titolo catanese e sta moltiplicando le presenze in città. Sta pensando a Palazzo degli Elefanti. 

“Penso che la candidatura a sindaco di Catania debba venire dalla società catanese. Io non sono una persona da auto-candidature, l’ho dimostrato anche alle Regionali facendo gioco di squadra. Però ritengo che in questa città ci sia la necessità di un progetto che vada oltre le dinamiche dei partiti tradizionali. A Catania hanno governato il centrodestra e il centrosinistra, ma la città si trascina sempre gli stessi problemi. Penso ai poveri, alle periferie, che non sono mai stati al centro dell’agenda politica dei governi catanesi”.

Lei riuscirebbe a far meglio? 

“Quando da Presidente della Regione ho recuperato i progetti della zona franca urbana di Librino, quando ho autorizzato la scuola media e l’Ospedale l’ho fatto per dire che quel quartiere è importante. Così come Picanello, San Cristoforo e tutti gli altri quartieri. Da decenni si dice che la miseria fornisce manovalanza alla criminalità. Ma cosa si è fatto in concreto per evitare questo? Ci vorrebbe un progetto che sposi questi temi. Questa città era la Milano del Sud, ha un’industria economica e un’imprenditoria d’eccellenza ma manca una linea che guardi al futuro”.

Bianco rivendica di aver restituito a Catania un ruolo nazionale. In città si vedono ministri e Presidenti del Consiglio come mai prima d’ora.

“Più che di passeggiate istituzionali Catania ha bisogno di un governo che agisca concretamente per le classi più deboli. Di un sindaco con cui il cittadino possa interagire e dialogare. Questo purtroppo non accade”.

Insomma non si tirerebbe indietro.

“Quando mi candidai a Gela la richiesta venne dalla società civile. Quando mi candidai alla Regione non sapevo nulla, vidi che era nato un gruppo si Facebook che in poche ore contò miglia di adesioni. Se ho un ruolo è perché la gente mi riconosce, mi chiede di non mollare, Ed io ho il dovere di continuare a battermi per una Sicilia migliore e per cambiare le cose”.

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