Giorgia Meloni a Catania prova da premier: "Vogliamo un governo di patrioti"

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CATANIA – Giorgia Meloni ai piedi dell’Etna prova da candidato premier ma deve dividere la platea delle Ciminiere con un convegno dell’Azione Cattolica. Una curiosa concorrenza, visto che nel suo intervento la leader di Fratelli d’Italia parlerà a lungo di valori cristiani e difesa della famiglia tradizionale. Alla fine, però, la sala grande delle Ciminiere – la stessa di Berlusconi!, dicono entusiasti i militanti – risulterà strapiena. In platea il meglio della vecchia AN, parecchia #DiventeràBellissima, qualche elemento forzista ed ex MpA. L’ospite d’onore si fa attendere per quasi un’ora, reduce da un’iniziativa a Palermo. Quando arriva, la sala è tutta per lei. Che la divide volentieri con Goffredo Mameli e col suo inno. “Patriottismo” è la parola d’ordine.

A portare i saluti del Presidente della Regione Nello Musumeci l’Assessore alla Sanità Ruggero Razza. Espressione del movimento del governatore, confluito nelle liste di FdI con una mossa che va oltre la necessità politica. “Giorgia Meloni è stata la prima a credere nel nostro progetto, quando non ci credeva nessuno – dice il titolare della Sanità – in Sicilia alcuini mesi fa abbiamo aperto una pagina nuova che ora cercheremo di aprire anche a livello nazionale, con gli occhi puntati verso il bene di questa terra”.

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In prima fila, con lui, l’Assessore al Turismo Salvo Pappalardo e l’Assessore ai Trasporti Marco Falcone. Poi un parterre variegato, dall’avvocato Enrico Trantino – in predicato di una candidatura a sindaco di Catania – all’ex deputato Nino Strano, dal comico David Simone Vinci all’ex deputato regionale Marco Forzese – fresco di candidatura in Alternativa Popolare, ma tant’è – fino al sindaco di Belpasso Carlo Caputo. E ancora i deputati regionali Antonello Zitelli ed Elvira Amata – che da Messina mobilita un pullman stracolmo – l’onorevole Basilio Catanoso, l’avvocato Peppino Lipera, l’ex procuratore Vincenzo D’Agata.

Sul palco è il turno di Manlio Messina, in lista dietro Giorgia Meloni al proporzionale di Catania e capolista all’uininominale per la Camera dei Deputati. “Vent’anni fa andavamo ad attaccare i manifesti con la colla, oggi siamo classe dirigente – rivendica il consigliere comunale catanese – Lo ha voluto Giorgia perché in questo partito il merito esiste. C’è una comunità catanese che vorrei rappresentare, sono convinto che non la deluderemo. Giorgia è stata protagonista di ciò che è accaduto pochi mesi fa con l’elezione di Musumeci. E’ stata lei ad imporsi e quella battaglia è stata vinta. Oggi giochiamo un’altra partita e vogliamo vincere anche questa”.

“A Catania abbiamo dimostrato con i fatti di essere capaci di fare politica – prosegue Messina – Ci riprenderemo questa città dopo il disastro di Enzo Bianco”. E qui sale sul palco l’ex sindaco Raffaele Stancanelli, capolista al Senato in Sicilia Orientale. “Questa sala è piena oggi come lo era tre anni fa, quando abbiamo iniziato un’avventura a cui pochi credevano – dice Stancanelli – quella di #DiventeràBellissima e della candidatura di Musumeci. Abbiamo fatto un miracolo che nessuno avrebbe immaginato. I grillini erano convinti che dalla Sicilia sarebbero arrivati al Governo. Qui li abbiamo fermati. E Giorgia ci ha aiutato”.

Filalmente è il turno del candidato premier di FdI. “La nostra sfida oggi è il Movimento dei patrioti – esordisce la leader di Fratelli d’Italia – E non pensate che sia una parola antica, risorgimentale. Vogliamo un Governo  di patrioti che faccia cose banali come difendere i nostri interessi nazionali e le nostre peculiarità”. Tutto il contrario di ciò che sta facendo   l’esecutivo attuale, dice la presidente di FdI. “Gentiloni è andato a rassicurare la Merkel che i populisti non vinceranno in Italia. È ridicolo che il presidente del Consiglio italiano si comporti così. La Merkel è una patriota tedesca e fa gli interessi dei tedeschi. Quindi che Gentiloni la rassicuri è assolutamente inopportuno e se la Merkel gli dice bravo è perche non ha fatto bene il suo lavoro”.

“La Sicilia è un marchio di fabbrica, come il Made in italy – continua la Meloni – ma nessuno difende questo marchio, men che meno l’Europa. Hai voglia di fare le leggi contro il caporalato, se il caporale è lo Stato italiano che fa accordi commerciali con Paesi che pagano la manodopera un euro. Gli accordi di libero scambio vanno fermati, dobbiamo difendere il nostro prodotto, l’agricoltura, gli allevamenti, gli artigiani, la piccola e media impresa, il lavoro”. C’è tempo per togliersi un sassolino dalla scarpa: “Sapete della mia polemica con il Presidente del Museo Egizio di Torino, so che vi hanno promesso una sede staccata. Spero che almeno qui si riesca a capire che gli egiziani non erano arabi, anzi hanno subito un’invasione da loro, quindi fare lo sconto solo ai mussulmani è una cosa cretina”.

L’aspirante premier snocciola il programma di Fratelli d’Italia. Flat tax, natalità, lavoro, sicurezza. Naturalmente immigrazione, nella terra del Cara di Mineo e delle migliaia dio sbarchi a Lampedusa. Infine una citazione di Giorgio Almirante: “Quando lo Stato non c’è più, è il popolo che diventa Stato”. Il popolo della Meloni ha aperto la sfida.

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