TRAPANI – Associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, il tutto aggravato dalla modalità mafiosa. Sono le accuse di cui sono chiamati a rispondere, a vario titolo, gli arrestati nel corso dell’operazione dei Carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, con il supporto del Raggruppamento operativo speciale e della Dia. Gli uomini dell’Arma nelle scorse ore hanno eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Palermo su richiesta della Dda nei confronti di altrettante persone ritenute favoreggiatrici del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, hanno consentito di individuare i capi dei due clan e di scoprire gregari ed estorsori delle cosche. Gli arrestati, servendosi anche di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, sarebbero riusciti attraverso società di fatto riconducibili all’organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione.
Parte del denaro derivante dagli investimenti delle cosche trapanesi di Vita e Salemi (Trapani), azzerate dai carabinieri e dalla Dia che oggi hanno arrestato 12 tra capimafia e gregari, sarebbe stata destinata al mantenimento del boss latitante Matteo Messina Denaro ricercato dal 1993. In particolare, i due clan avrebbero realizzato ingenti guadagni investendo nel settore delle agricolture innovative e della ristorazione. I Carabinieri, nel corso dell’operazione, hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, fittiziamente intestati a terzi ma ritenuti strumento per il business dell’organizzazione criminale.
In carcere è finito anche Vito Nicastri, il “re dell’eolico”, il “signore del vento”, tra i primi in Sicilia a puntare sulle energie pulite. Quello di Nicastri non è un nome nuovo per i carabinieri e il personale della Dia che hanno condotto l’ultima inchiesta sui presunti favoreggiatori del padrino di Castelvetrano: i suoi legami col boss gli sono costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Di lui, tra gli altri, ha parlato il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, indicandolo come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi.