Obiettivo aggregazione e cooperazione. Anche con i paesi frontalieri del Mediterraneo, come la Tunisia. Ma soprattutto con le Istituzioni, a cominciare dalla Regione, che devono dimostrare una maggiore attenzione a un comparto importante come l’agrumicoltura. Fare sistema è lo strumento chiave per vincere le sfide dei mercati e valorizzare la filiera agrumicola siciliana.
Su questo continua a scommettere il Distretto Agrumi di Sicilia, con il contributo non solo di aziende e organizzazioni produttori, ma anche dei tanti partner che hanno sottoscritto il Patto di Sviluppo, dalle organizzazioni di categoria (Confcooperative Sicilia, Cia Sicilia e Confagricoltura Sicilia) ai Gal (Kalat, Eloro, Nat-Iblei, Terre dell’Etna e dell’Alcantara ed Etna) sino a Università, associazioni ed altre realtà. E da questa base vuole ragionare per coinvolgere maggiormente i partner e le istituzioni per lavorare su “progetti strategici”, sui quali l’Alta Scuola Arces può giocare un importante ruolo tecnico a fianco del Distretto Agrumi anche sulla base dell’esperienza dalla realizzazione delle due edizioni di “Social Farming”.
E’ questo il messaggio venuto dal seminario “Il ruolo delle organizzazioni di categoria e dei Gal nella crescita della filiera agrumicola siciliana”, che si è svolto oggi a Palermo, ultimo appuntamento formativo del progetto “Social Farming. Agricoltura sociale per la filiera agrumicola siciliana 2.0”, promosso da Distretto Agrumi di Sicilia e Alta Scuola Arces con il contributo non condizionato di The Coca-Cola Foundation.
“L’aggregazione e il fare sistema – dice Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia – sono i motivi di base per cui esiste il Distretto, anche se la Regione non ha mai preso in seria considerazione le potenzialità dei Distretti produttivi, tanto che non li ha mai inseriti nella programmazione regionale e da un anno e mezzo siamo in attesa del rinnovo del riconoscimento. Per noi, però, è comunque importante portare avanti una strategia condivisa sugli agrumi perché la Sicilia è la principale regione agumetata d’Italia, ha quattro fra Dop e Igp e altre sono in arrivo, e se non riusciamo a competere sulla qualità e sulla differenziazione delle nostre produzioni non riusciremo a competere sul mercato globale. Per questo dobbiamo capire ancora meglio come creare sinergie anche con partner come i Gal e le Organizzazioni di categoria che operano dal basso sui vari territori”.
Ettore Pottino, presidente regionale Confagricoltura Sicilia, punta sul ruolo delle Organizzazioni Produttori nel fare sistema: “Fare sistema è necessario anche in considerazione della concorrenza estera. Noi dobbiamo tutelare nostre peculiarità e i punti di forza delle nostre produzioni”. Per Gaspare Lo Grasso, di CIA Sicilia, “abbiamo una miriade di esperti di marketing e di relazioni internazionali, perché non pensiamo tutti insieme a un progetto di commercializzazione che ci veda protagonisti dall’inizio alla fine, arrivando il più possibile vicino al consumatore?”. Pino Ortolano, vice direttore regionale Confcooperative Sicilia, sottolinea l’importanza dell’inclusione sociale, già presente nel progetto Social Farming, un aspetto che “sarà trasversalmente presente nella programmazione 2014-2020: ieri pomeriggio l’Assemblea regionale ha votato il ddl sulle cooperative di comunità che aggiungono attenzione a persone e territorio. E proprio la salvaguardia di territorio e ambiente sarà uno dei punti centrali della nuova Pac”.
Poi la parola ai Gal e alle rispettive esperienze da mettere a fattor comune. “La collaborazione – dice Martina Indelicato, Gal Terre dell’Etna e dell’Alcantara – è fondamentale. Ognuno apporta contributo ed esperienza che ha realizzato e su cui ha creato i suoi punti di forza. La sfida, però, è trovare è trovare fonti di finanziamento per portare avanti questi progetti”. Sul tema della filiera agrumicola, che si intreccia con turismo, produzioni territoriali, imprese, cooperazione internazionale, sono tanti gli spunti offerti dai Gal associati al Distretto. Michele Germanà, GalKalat, punto sulla forza del marchio di qualità “Valore Sicilia” e sulla necessità “di tracciabilità delle nostre produzioni, anche attraverso l’utilizzo della tecnologia Blockchain. Da qui a un anno possiamo giungere a valorizzare le produzioni di un migliaio di aziende e poi cominciare a chiedere conto sulla cooperazione tra le istituzioni, che adesso manca”. Sergio Campanella, GalEloro, porta l’esperienza sulla cooperazione transfrontaliera con la Tunisia: “Se noi ‘costringiamo’ i Paesi euromediterranei nostri ‘concorrenti’ ad innalzare la qualità inserendoli nelle nostre reti, anche i loro costi aumenteranno e diventeranno concorrenti meno temibili. Non possiamo fare ‘guerra fra poveri’, anche perché per i mercati emergenti i nostri soli prodotti non sarebbero mai sufficienti”. Quindi la proposta di un’aggregazione più ampia e di comporre un partenariato sulla programmazione Italia-Tunisia.
Anche Salvatore Battiato, Gal Etna, sottolinea come sia fondamentale “l’aggregazione, anche se in Sicilia stessa sia ancora molto difficile, anche rispetto ad altre regioni italiane. Però dobbiamo riuscire ad andare uniti davanti alle istituzioni siciliane e alle istituzioni europee. Dobbiamo difendere le nostre produzioni contro ogni globalizzazione”.