CATANIA – Una vera e propria emorragia lavorativa si registra nel settore della Grande distribuzione: dal 2007 a oggi sono ben 2.500 i posti di lavoro che si sono persi a Catania, frutto della crisi del settore ma anche di una cattiva gestione del territorio e di avventate scelte imprenditoriali. Con una preoccupazione attuale sempre più forte: che le perdite siano destinate a continuare, anche per una evidente incapacità di gestire un mercato locale che punta sui grandi brand senza averne la capacità.
A lanciare l’allarme è la Filcams Cgil nel corso di un attivo organizzato per fare il punto su un comparto nevralgico per il territorio. Presente, oltre al segretario generale della Filcams di Catania, Davide Foti, e della segretaria provinciale Concetta La Rosa, anche la segretaria confederale della Cgil di Catania, Rosaria Leonardi e il segretario nazionale della Filcams Fabrizio Russo.
“Dopo un confronto molto fitto con i lavoratori abbiamo deciso di chiedere alla Prefettura, l’istituzione di un “tavolo di settore” che manca, a dispetto di perdite gravissime registrate in questi anni e a fronte di un settore che segna una larga fetta di economia territoriale. – sottolinea il segretario Davide Foti. La prima grande multinazionale che ha lasciato Catania è stata Carrefour, poi la decimazione dell’Auchan ha fatto il resto. Abbiamo perso negli anni, in un territorio già sovraesposto ad un eccesso di centri commerciali dalle opache radici finanziarie, migliaia di posti di lavoro che non sono mai stati rimpiazzati, oppure che sono stati sostituiti con contratti precari, eccessivamente flessibili e comunque forieri di una ricattabilità che è diventata sistema”.
Appassionati ed arrabbiati gli interventi dei lavoratori presenti all’attivo, alcuni rappresentanti sindacali che giornalmente fanno i conti con pressioni aziendali e un senso di sfiducia diffuso nel futuro: dall’impossibilità di gestire il tempo di cura familiare (“si lavora quattro domeniche su quattro, anche se in negozio non si vende e gli stipendi restano incerti”) o di pianificare pensioni e futuro, al timore di rimanere intrappolati per sempre in una rete di contratti a termine. Il tutto, in totale assenza di controlli, a fronte di molte ore lavorate in nero e spesso con una busta paga non veritiera.
Inevitabile il riferimento all’ultimo tracollo aziendale del territorio, quello del gruppo Abate. Mancano ancora 140 lavoratori, tra indiretti e amministrativi del marchio MD, da trasferire in altre società; “una situazione cristallizzata dove al netto degli impegni di MD, qualche centinaio di lavoratori rischia l’occupazione”, ha aggiunto Foti.
A chiusura dell’incontro, il segretario nazionale Russo ha sottolineato la vittoria del sindacato rispetto al rinnovo – dopo 5 anni e oltre, di lavoro sindacale- del Contratto nazionale del settore per la cooperazione e con Federdistribuzione , ma anche la necessità che “gli imprenditori locali in Sicilia si muovano nell’ambito della trasparenza e della legalità. Abbiamo molte vertenze aperte al MISE, e il problema del commercio e della grande distribuzione si presenta sempre uguale: i gruppi di impresa territoriale non danno le stesse garanzie delle multinazionali. Su questo non possiamo non riflettere.
Scontiamo poi, a livello nazionale, il prezzo della parcellizzazione nei vari settori, con grande differenza di trattamento salariale e normativi della stessa tipologia di lavoratori. I dipendenti stanno attraversando una fase di grande sofferenza. Questo è un elemento di divisione fortissimo”.