Dal 1999 a Vittoria il 2 gennaio è la data che smorza in modo drastico le luci delle festività natalizie. La data non certifica soltanto l’oltraggio peggiore che la nostra comunità abbia subito, rappresenta soprattutto, uno spartiacque. Nella logica delle mafie il cambiamento deve essere marcato dal piombo e battezzato col sangue. Fu così nel settembre del 1983 quando finì l’era del boss Cirasa e del contrabbando delle sigarette e iniziò l’era dei Gallo con il racket e la droga. Avvenne la stessa cosa nel 1987, quando il clan stiddaro dei Carbonaro Dominante sterminò la famiglia Gallo e si impose sul territorio. Con la strage del 2 gennaio 1999 finisce il dominino della stidda e inizia quello della mafia liquida, un network che ha come scopo l’accumulazione del potere economico e poi di quello politico. Per completare questo salto di qualità oltre a consolidare i rapporti di convivenza con imprese e professionisti compiacenti va messa, in modo definitivo, in riga quella “zavorra” di malavitosi straccioni, rozzi e aggressivi che si atteggiano a boss, le cui azioni violente attirano l’attenzione degli organi inquirenti mettendo a rischio i nuovi affari. Poco importa se a perdere la vita saranno due innocenti, per i nuovi “gruppi economici” gli interessi hanno precedenza assoluta.
La DIA in una delle sue ultime relazioni ha fatto una descrizione precisa delle mafie liquide: “professionisti e imprenditori deviati, cioè l’area grigia dell’economia criminale, che consente di entrare in contatto con un’altra area grigia, altrettanto pericolosa, dove operano gli apparati infedeli della pubblica amministrazione. L’anello di congiunzione è la corruzione“ – va avanti la Dia – “le mafie si presentano nella veste più moderna e imprenditrice, ammantandosi di apparente legalità. Del resto commesse pubbliche e finanziamenti nazionali e comunitari, insieme a settori da sempre privilegiati dalle consorterie mafiose, si pensi ai rifiuti, all’edilizia e al ben noto ciclo del cemento, sono occasione irrinunciabile“.
