Il problema della sanità “è una “vertenza” non solo delle lavoratrici e dei lavoratori del settore sanitario, inteso in senso generale, dai medici agli infermieri, dal settore pulizia alle mense, ma di tutto il sindacato e di tutto mondo del lavoro, sia in termini di prevenzione che di qualità della propria vita. Bisogna affrontare il problema occupazionale della sanità in due direzioni: in primo luogo bisogna superare i livelli di precarietà che si sono determinati, anche in questo periodo di COVID, ma anche perché siamo sotto organico; tanto più se ragioniamo di costruire un sistema sanità sul territorio”.
Lo ha detto il segretario generale della Cgil nazionale Maurizio Landini ieri in visita a Catania per partecipare all’evento organizzato dalla Cgil Sicilia “Lavoro, un progetto per la Sicilia” , nel corso dell’assemblea con i lavoratori della Sanità tenutasi oggi pomeriggio nei locali universitari del Policlinico; hanno partecipato il segretario generale della Cgil di Catania, Carmelo De Caudo, il segretario generale di Cgil Sicilia, Alfio Mannino, i segretari generali di Filcams Cgil Catania, Davide Foti e della Fp Cgil Catania, Concetta La Rosa.
Ha aggiunto Landini a proposito di PNRR nel settore Sanità: “Se gli investimenti del Piano non si collegano a investimenti di una politica più generale che veda una crescita della spesa complessiva per la sanità nel nostro paese, e se non si prevede un aumento delle risorse per l’occupazione nelle nuove strutture che si faranno, il rischio è che l’occupazione non sarà pubblica ma precaria e addirittura che si favorisca un processo di privatizzazione del sistema sanitario nel nostro Paese”.
Per la Cgil etnea è necessario attuare una volta per tutte la medicina del territorio, che a Catania continua a essere una grande assente.
I Presidi territoriali di assistenza (PTA) per il sindacato sono essenziali perché rappresentano la possibilità concreta di accedere alle cure senza passare dal pronto soccorso e senza svuotare quest’ultimo; e anche a rassicurare i cittadini più fragili.
Il segretario generale della Cgil di Catania, De Caudo, ha spiegato che “Catania è contemporaneamente sede di molte eccellenze ospedaliere che negli anni hanno allentato di parecchio la migrazione sanitaria al Nord Italia, e dunque centro di garanzia per tutti gli utenti rispetto all’entroterra siciliano e ad altre provincie meridionali, ma è comunque un contesto fatto di precariato, lavoro povero, servizi negati al cittadino. In Sicilia, a Catania, c’è un ‘urgenza atavica di personale medico ma non possiamo nasconderci che è in atto da tempo un evidente allontanamento dal settore pubblico da parte del personale sanitario, perché il privato offre condizioni migliori, sia economiche che in termini di oneri del lavoro. Chi può, scappa”.
In Sicilia non esistono dunque specialisti in medicina di urgenza e pronto soccorso, e l’unica Scuola di Specializzazione di Catania forma solo 4 specialisti l’anno a fronte dell’attuale necessità di impiegare centinaia di professionisti. In particolare, la carenza di medici di Anestesia e Rianimazione che afferisce all’urgenza ed emergenza nella Regione Sicilia, ha superato di gran lunga le 300 unità individuate lo scorso anno, di cui circa il 60 % nelle provincie di Catania, Messina, Caltanissetta, Agrigento ed Enna.
All’assemblea sono intervenuti medici, tecnici di radiologia, lavoratori degli appalti, soprattutto del settore ristorazione e socio sanitario, vigilanti, operatori dell’AIAS; ha chiuso gli interventi Carmelo Calvagna segretario della Fp Cgil medici.