Buona sera e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu Veni Si Cunta“. In questa ultima puntata prima delle ferie parlerò di Catania, non per discettare sulle dimissioni di Pogliese, presentate con ritardo e solo dopo avere avuto la certezza di un seggio sicuro al Parlamento.
Né per liquidare, come fanno in tanti, l’esperienza fallimentare alla guida della città, anche perché – fermo restando le sue responsabilità – non si può tacere, per onestà intellettuale, né sul fatto che la sua azione sia stata condizionata dal dissesto, né sul fatto che alcuni problemi, come la gestione della raccolta dei rifiuti, non sono in assoluto una novità. Anche se, a onor del vero, il picco raggiunto questa volta non ha davvero precedenti.
Comunque, dopo la sindacatura dell’onorevole Pogliese e l’esperienza del facente funzioni Bonaccorsi, ecco come si presenta Catania ai catanesi e ai visitatori:
- con cumuli di rifiuti nauseabondi, ancora depositati in parecchie zone della città;
- con tante strade dissestate e i pochi spazi verdi abbandonati, rinsecchiti o spelacchiati;
- con l’abusivismo commerciale e imprenditoriale sempre più diffuso;
- con tanti mercati, a partire da quello di Piazza Carlo Alberto, dove al mancato rispetto delle regole si associa disordine e illegalità;
- con le macchine posteggiate in seconda e terza fila anche nelle arterie del centro e con parcheggiatori abusivi che sono sempre più padroni di strade e piazze;
- con una zona industriale caratterizzata da abbandono e desertificazione, senza che nessuno voglia arrestare questo declino.
Se a tutto questo si aggiunge il fatto che Catania è percepita come la quinta città più insicura d’Europa, ed ha anche il triste primato italiano delle morti bianche, il quadro è completo.
Io non sono nato a Catania, sono nato a San Cono, un paese piccino piccino che amo follemente perché ogni strada, ogni abitazione, ogni lembo della sua campagna mi ricorda affetti, amicizie, marachelle e purtroppo anche dolori e delusioni.
Ma pur essendo catanese di adozione giuro che mi fa male parlare di queste cose, mi fa male scattare questa fotografia della situazione, perché io amo Catania e ogni giorno cerco di essere un cittadino esemplare.
La amo perché è una città che mi ha accolto a braccia aperte, mi ha dato la possibilità di conoscere mia moglie e tante altre belle persone, ha cresciuto i miei figli, mi ha dato tantissime opportunità nel lavoro e nell’attività politico-sindacale.
Ma proprio perché amo la città, non ho solo il dovere di parlare delle sue bellezze, che sono tantissime, e del fascino che ha sempre esercitato nei visitatori; ma ho anche il dovere di denunciare le cose che non vanno.
Risollevare la città da questa condizione di degrado e di abbandono non sarà facile: occorre una cura da cavallo e un “medico“, o per meglio dire un gruppo di “medici“ che non ci mettono solo la faccia, ma anche e soprattutto la volontà di dedicarsi totalmente alla risoluzione dei problemi.
La città non ha bisogno di gente che pensa di utilizzarla come trampolino di lancio per approdare a lidi istituzionali, più importanti e prestigiosi.
Non ha bisogno neppure di maghi e demiurghi, né tanto meno di rimettere in sella qualche protagonista del passato, perché per quanto autorevole questo da solo potrebbe non essere sufficiente.
Catania per curare le sue ferite e per rinascere ha bisogno di persone che non strizzino gli occhi agli amici o agli amici degli amici; che non temono ricatti e minacce di gruppi organizzati o dei potenti di turno; ha bisogno di gente che abbia una visione di futuro e che prenda in mano la bandiera delle regole e della legalità e li faccia rispettare a tutti, senza guardare in faccia a nessuno.
È vero, Catania nel corso della sua storia è stata più volte distrutta è sempre ha saputo risorgere più bella e affascinante di prima.
Anche questa volta può risorgere più bella di prima perché nel suo seno ha molte energie positive In tutti campi.
Per capire con chi, come e cosa fare seguiteci questa sera alle ore 21.00 sui nostri canali social Facebook e Youtube. Non mancate!
Salvatore Bonura