La pandemia del Covid 19 e l’emergenza ambientale hanno ridato alla scienza e alla ricerca la centralità che meritano. Alla vigilia delle elezioni politiche è importante che chi si candida alla guida dell’Italia indichi quale politica per la scienza, la ricerca e l’università intenda attuare. Si tratta di un tema cruciale che deve essere discusso e condiviso con tutti i cittadini, perché da esso dipende il futuro dell’Italia.
La ricerca è fatta da donne e uomini che devono trovare stimoli e sollecitazioni, ma anche sicurezze per il loro futuro. L’Italia non è un Paese che attrae ricercatori, anzi fa fuggire quelli che ha, perché non offre loro sufficienti prospettive. Eppure, ogni nostro ricercatore ha, in media, una produttività di lavori eccellenti più alta di un ricercatore tedesco, francese o americano.
Negli ultimi anni, grazie alla sensibilità dei governi Conte 2 e Draghi e alla disponibilità dei fondi del PNRR – anche rispondendo all’appello a Parlamento e Governo di un gruppo di scienziati e di soci dell’Accademia dei Lincei – si sono costruiti i presupposti tecnici, giuridici ed economici per dare alla ricerca pubblica una prospettiva di sviluppo organico di medio e lungo termine, dopo un decennio di tagli e di interventi episodici. Si tratta di una opportunità unica e che non può essere sprecata.
L’attuazione del PNRR rende disponibili fondi importanti, capaci di dare ai nostri ricercatori possibilità e prospettive. Opportunità che si trasformeranno per l’Italia in innovazione tecnologica e, a lunga scadenza, in crescita economica.
La politica deve essere capace di trasformare l’eccezionalità del PNRR in una situazione strutturale, pianificando e programmando la politica della ricerca per inserirla in una logica di pianificazione e programmazione che non si esaurisca con i fondi europei, che termineranno nel 2026. Una sfida che parte dalla prossima legge di bilancio.
È opportuno, infatti, che gli elettori prima, e chiunque vinca le prossime elezioni poi, comprendano che senza ricerca – e una ricerca pianificata con un importante investimento nei cinque anni della prossima legislatura – l’Italia è destinata a una decrescita (che non sarà felice) e una sempre maggiore dipendenza da altri Paesi.
La ricerca deve essere sia quella di base, che rappresenta il vero motore dell’innovazione, che quella applicata in settori strategici come la farmaceutica, la produzione delle energie rinnovabili, l’elettronica avanzata, l’intelligenza artificiale e così via.
Grazie all’opportunità del PNRR, che ha dato fondi essenzialmente alla nostra ricerca applicata, è necessario rendere strutturale l’investimento in tutta la ricerca pubblica – al livello degli altri Paesi a noi omogeni come Francia e Germania – facendo in modo di finanziare soltanto progetti di qualità, aumentare il numero di ricercatori, dando loro sicurezza di futuro e strumentazioni adeguate, e rendere più meritocratici i criteri di assegnazione delle risorse.