Buonasera e ben ritrovati nella rubrica di Hasthag Sicilia “Comu veni si cunta“.
Questa sera parlerò di una questione che si prefigura come un problema enorme, che da qualche giorno ha gettato nello sconforto e nella disperazione imprese, professionisti e famiglie. Un problema che campeggia sulle prime pagine di tanti giornali.
Mi riferisco alla stretta al Superbonus, varata con un decreto dal governo Meloni; una stretta che cancella lo sconto in fattura e la cessione dei crediti di imposta per i bonus edilizi.
Un decreto che arriva in un momento particolarmente difficile, caratterizzato da cantieri fermi, crediti incagliati, imprese in crisi di liquidità, contenziosi in arrivo e decine di migliaia di posti di lavoro a rischio.
Un decreto, quindi, che complica ulteriormente un quadro che era già enormemente ingarbugliato.
Una scelta, quella del governo, che giudico scellerata, perché mette a rischio la sopravvivenza di oltre 50 mila imprese della filiera delle costruzioni e l’occupazione di oltre 150 mila lavoratori; provoca il blocco di quasi 100 mila cantieri e genera caos e incertezza per 1 milione di cittadini. In Sicilia, dove sono state depositate 24.311 asseverazioni, per un importo di circa 4miliardi e 238milioni di euro – di cui 3miliardi e 22milioni ammessi a detrazione – le conseguenze saranno drammatiche. Basti pensare che si sono fermati cantieri per circa 800milioni di euro.
Questo perché il decreto non solo cancella la cessione del credito alle banche, ma anche perché vieta la possibilità di cedere i crediti a Enti, Regioni, Comuni, che si erano fatti avanti per venire incontro alle imprese, in particolare alle piccole e medie imprese che sono a corto di liquidità.
A seguito di questa scelta del governo le vecchie regole, d’ora in avanti, si applicheranno solo ai condomini che hanno depositato entro il 25 novembre 2022 la CILA, vale a dire la comunicazione di inizio lavori asseverata da un tecnico abilitato.
Tutti gli altri, se vorranno fare i lavori, dovranno anticipare i soldi ai progettisti e alle imprese esecutrici, e solo dopo potranno detrarre dalle tasse il bonus.
In questo modo – a mio giudizio – si favoriscono solo quelle imprese che dispongono di molta liquidità (talvolta di provenienza mafiosa) e i cittadini più ricchi, i quali potranno anticipare le somme occorrenti per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori, danneggiando, al tempo stesso, le imprese più piccole (che sono a corto di liquidità) e i cittadini meno abbienti.
Infatti, per quanto riguarda i cittadini, solo chi ha un’elevata capienza fiscale ha la possibilità di scontare in 5 o 10 anni, attraverso il credito d’imposta, la somma anticipata all’azienda. Mentre coloro che non hanno questa disponibilità e non pagano tasse per somme di questa entità, non potranno anticipare soldi.
Che al capo del governo questa misura non piaccia si capisce da due cose: la prima è data dal fatto che ha definito questa misura una “bizzarria”, attribuendo al termine un’accezione negativa; la seconda è che ha sostenuto a ogni piè sospinto che la misura è stata concepita dai 5 Stelle per drenare consenso elettorale; la stessa cosa che ha detto sul reddito di cittadinanza, che non a caso ha deciso di mettere in discussione.
Naturalmente tutto questo si dice e non dice, si preferisce sostenere che è aumentata a dismisura la stima del Superbonus e degli altri bonus edilizi, e che questo aumento, oltre a determinare uno scostamento sui conti pubblici di circa 37 miliardi di euro, può avere anche un impatto sul debito e sul deficit, e di conseguenza sullo spread.
Sostenere che questa misura sfascia i conti dello Stato significa nascondere una parte significativa della realtà, che è quella che ha descritto la ricerca di Nomisma.
Una ricerca che fotografa la situazione complessiva al 30 giugno 2022, la quale ci dice che a quella data erano stati conclusi 147.000 cantieri con detrazioni ammesse per 12,6 miliardi, interessando 7,3 milioni di famiglie, di cui 483 mila con redditi medio-bassi che mai, senza questa misura, avrebbero potuto pensare di migliorare la qualità della propria abitazione.
Il valore economico dell’impegno dello Stato a quella data era stato di 38,7 miliardi di euro, che però ha generato un ciclo economico di 124 miliardi – di cui indiretto per 25,3 e indotto di 43,4. Non solo, ma si sono attivati 634 mila nuovi posti di lavoro, il che significa, che posto un punto di PIL a 15 miliardi di euro circa, un suo incremento di 7-8 punti, alla tassazione odierna, determina da solo un maggiore gettito fiscale di circa 50 miliardi, subito rientrati nelle casse dello Stato.
Pertanto, sostiene Nomisma, assieme ad altri istituti di ricerca, l’investimento non solo è sostenibile, ma nel medio lungo periodo è destinato a rientrare.
Detto in parole ancora più semplici, i crediti legati al superbonus sono arrivati a 71,8miliardi di euro da fine 2020 al 31 gennaio 2023, come costo dello Stato. Ance – Associazione Nazionale Costruttori Edili – e Commercialisti Italiani sostengono che vi sia un grande ritorno per lo Stato in termini economici sotto forma di IVA, IRPEF, IRES, contribuito INPS e ANAIL; e questo ritorno ammonta nella misura del 47% secondo l’Ance e del 43% secondo Commercialisti Italiani.
Comunque, al di là di quello che è il motivo alla base di questa scelta, resta il fatto che l’onorevole Meloni, non solo non ha mantenuto l’impegno che aveva assunto in campagna elettorale sul taglio delle accise sui carburanti, ma con il decreto del suo governo rinnegherà quello aveva affermato sul Superbonus quando aveva testualmente detto: “Noi pronti a tutelare i diritti e a migliorare le agevolazioni edilizie“. Addirittura in un video la Meloni affermava, il 17 settembre: “Fratelli d’Italia è sempre intervenuta perché non si cambiassero le regole in corsa, e proponendo misure per sbloccare il mercato dei crediti incagliati, e favorire la ripresa dei lavori nei cantieri”.
In conclusione voglio fare osservare quattro cose:
- La prima: l’impatto di questa scelta del Governo è potenzialmente più grave al Sud, dove l’edilizia ha sempre rappresentato un settore trainante;
- La seconda: non si possono trascurare gli effetti positivi che i bonus hanno avuto sulla sicurezza sismica degli edifici e sulla loro efficienza energetica;
- La terza: si inganna chi ha creduto nello Stato e si è impegnato con tecnici e imprese.
- La quarta: mettere in discussione i bonus edilizi, o rendere il loro accesso quasi impossibile, equivale a creare un ostacolo alla norma sulle case Green, introdotta dalla direttiva europea; sulla quale l’Italia una volta tanto dimostrava di essere addirittura in anticipo. Una direttiva europea, che se non verrà corretta, avrà un impatto devastante, perché si svalutano gli immobili e si colpisce il risparmio.
Che fare dunque?
L’unica cosa saggia da fare – se non si vuole rovinare 50 mila imprese, gettare sul lastrico oltre 150 mila lavoratori e lasciare incompiuti migliaia di edifici – è rivedere questa scelta e consentire al parlamento di individuare dei correttivi e delle soluzioni che evitino questo vero e proprio disastro, e che al tempo stesso consentano a quelli che hanno avviato i lavori di poterli completare garantendo la cessione del credito.
Di tutto questo abbiamo parlato nel video di questa sera. Appuntamento alle ore 20.00 in prima visione assoluta sulla nostra pagina Facebook, sul nostro canale Youtube, e sui nostri altri canali social. Non mancate!