Venti di guerra: se vuoi la pace, prepara la pace! Il prezzo dei conflitti moderni e la posizione dell’Italia nello scacchiere globale – Così è (se vi pare) #34

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Salve a tutti e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Così è (se vi pare)”.

Questa sera parlerò del peso politico del governo italiano nel contesto internazionale, di dazi, delle conseguenze economiche delle guerre, della politica di riarmo sollecitata dalla NATO, della tregua annunciata urbi et orbi dal presidente degli Stati Uniti dopo aver bombardato l’Iran.

E, infine, parlerò della narrazione che si fa di questi eventi, della passività che si semina e dell’assuefazione che si registra nell’opinione pubblica.

Pertanto dico subito che non so se la nostra presidente del consiglio conti molto nello scacchiere internazionale – come sostengono i suoi estimatori – o se conta quanto il due di coppe quando la briscola è a denari, come sostiene invece l’opposizione.

A questo proposito confesso che da italiano non godo nel vedere esclusa l’onorevole Giorgia Meloni dai summit dei leader di alcuni paesi europei – e dalle decisioni più importanti.

Questo non perché mi sia particolarmente simpatica, bensì perché penso che se la nostra presidente del consiglio contasse qualcosa a livello europeo e mondiale, se fosse nel gruppo di testa (vale a dire tra quelli che danno le carte), l’Italia ne avrebbe solo benefici. Insomma: ci guadagneremmo tutti!

Dico questo perché se la nostra presidente del Consiglio avesse un certo ascendente con il presidente degli Stati Uniti, come sostengono in tanti, ci guadagneremmo sulla questione dei dazi americani che – ricordo a me stesso – mettono a rischio 70 mila posti di lavoro e 18 miliardi di euro di produzione: vale a dire 1/4 del totale del nostro export verso gli Stati Uniti.

Ci guadagneremmo anche sulle conseguenze di un allargamento del conflitto del Medio Oriente, visto che l’attacco di Israele all’Iran ha già determinato un aumento strutturale dei prezzi di gas e petrolio, che potrebbero arrivare a costare oltre 11 miliardi di euro in più alle piccole e medie imprese italiane, già nel 2025.

Questo perché dopo l’attacco israeliano in Iran il prezzo del gas alla Borsa di Amsterdam è aumentato del 4%, toccando quota 37,60 euro al megawattora; parallelamente il greggio ha registrato un incremento ancora più marcato, salendo a 73,48 dollari.

Dal punto di vista produttivo ad essere maggiormente colpiti saranno tutti i settori cosiddetti energivori, ovvero che consumano più energia, come l’agroalimentare, la chimica e, ovviamente la manifattura pesante.

Oltre ovviamente famiglie e cittadini che pagano già di più benzina e il gasolio rispetto quanto li pagavano 10 giorni fa.

Per quando concerne la politica del riarmo sollecitata con forza dalla NATO – e fatta propria da quasi tutti i partiti – dico subito che mi sembra una follia; una scelta quella di raggiungere il 5 % del Prodotto interno lordo, che per l’Italia significherebbe spendere in armamenti 110 miliardi di euro in più.

Per indorare la pillola che si vuole far ingoiare a tutti i costi si sostiene: da un lato che il 5 % non occorre raggiungerlo subito ma gradualmente, entro il 2035, e dall’altro che occorre farlo obbligatoriamente, perché i cosacchi, pardon i russi, stanno per invadere alcuni paesi della NATO.

Dico subito su questa questione che un grande paese come l’Italia deve essere certamente armato anche per garantire la sicurezza dei propri cittadini, ma una cosa è armarsi per difendersi e contestualmente avviare il dialogo con tutti, senza disarmare mai la diplomazia, altra cosa è armarsi per proteggersi dal pericolo di una ipotetica invasione della Russia.

Anche perché parliamo di un Paese, la Russia, che ha un prodotto interno lordo pari a quello della Spagna ed inferiore a quello dell’Italia, un Paese che fa fatica ad avanzare in Ucraina.

Se fosse quell’invincibile potenza militare che viene descritta dai sostenitori del riarmo dell’Europa, dell’Ucraina ne avrebbe già fatto un solo boccone, nonostante l’aiuto dei paesi europei e della NATO.

La verità è un’altra: in realtà si vuole continuare una corsa al riarmo iniziata da tempo. Lo dicono i dati: dal 2014 al 2024 la spesa complessiva per la difesa dei paesi UE è aumentata del 125 %, dai 147 miliardi di euro nel 2014 ai 326 miliardi del 2024. È altresì già prevista un’ulteriore spesa di 100 miliardi entro il 2027.

Tutto questo non è frutto dell’invenzione di qualche amico di Putin, ma il risultato di una decisione assunta dal vertice NATO tenutosi in Galles nel 2014.

Comunque, ad oggi l’Europa spende in difesa il 35 per cento di quanto spendono gli USA, è molto di più della Russia, che pure è entrata in un’economia di guerra, ma la capacità europea effettiva è stimata solo al 10 % di quella degli Stati Uniti.

Alla luce di questi dati e di questi fatti chiedo a voi di trarre le conclusioni, io mi limito a dire che spendere altri soldi in armamenti equivale a togliere soldi alla sanità, ai soggetti più deboli, alla scuola, a una politica abitativa, e alla salvaguardia del territorio e dell’ambiente.

In conclusione, rispetto alla narrazione di questi fatti e della tragedia del popolo palestinese che fanno alcuni grandi giornali, da modesto operatore dell’informazione resto basito.

Mi sconvolge l’immagine di Gaza rasa al suolo dai bombardamenti ordinati dal governo di Netanyahu dove ogni giorno muoiono da 25 a 70 persone (in gran parte bambini), mentre si avvicinano per prendere un sacco di farina o per sfamarsi.

Mi sconvolge anche questo clima di allarmismo che si vuole creare ad ogni costo, anche nascondendo i fatti, per giustificare questa corsa agli armamenti.

Mi lascia senza parole il giustificazionismo nei confronti dei Paesi che hanno bombardato l’Iran (un Paese che non ha mai attaccato nessuno) con l’argomento che potrebbe dotarsi dell’atomica – che ancora, comunque, non possiede -, che è una Teocrazia che viola sistematicamente i diritti umani (specie per le donne) che arriva a proibire ai cittadini di portare a spasso i cani.

Una teoria, questa, che se si dovesse applicare a tutti i paesi dove non c’è libertà e dove non si condividono i valori dell’Occidente, non so dove ci porterebbe, e quanti altri fronti di guerra si dovrebbero aprire.

Mi sconvolge anche l’inattendibilità di Trump, che prima ordina il bombardamento dei siti nucleari iraniani, un’ora dopo auspica il cambio di regime a Teheran e a stretto giro annuncia la tregua.

Non so se fa tutto questo perché – come sostengono molti americani – ha l’ambizione di vincere il premio Nobel per la Pace: non ha mai digerito quello che fu assegnato a Obama e non a lui, che pure nel suo precedente mandato aveva realizzato gli Accordi di Abramo che hanno normalizzato le relazioni diplomatiche tra Israele e alcuni paesi arabi e del Nord Africa.

Quello che so a questo riguardo è che questa roulette continua non aiuta. Tutto questo mi sconvolge e mi fa paura perché semina passività, perché tende a fare abituare la gente alla violenza, alla morte, alla guerra.

Non mi convince neppure la teoria enunciata in Parlamento dalla presidente Meloni secondo la quale “se vuoi la pace devi preparare la guerra“.

Non mi convince perché se è vero come è vero che l’articolo 11 della Costituzione afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…“ ne consegue che se vogliamo la pace dobbiamo preparare la pace.

Non ci resta che darvi appuntamento alle ore 20.00 con la nostra prima visione trasmessa sulla nostra pagina Facebook, sul nostro canale Youtube, e sui nostri altri canali social. Non mancate!

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