Caso Lidl – Laudani, preoccupazioni di Cgil per perdita posti di lavoro

Lidl

Dopo l’operazione “Security” della DDA di Milano sui presunti legami tra il clan mafioso dei Laudani, alcune società che controllavano appalti di vigilanza al tribunale di Milano e un gruppo di dirigenti della multinazionale Lidl, di cui quattro direzioni generali sono state commissariate, si accendono le preoccupazioni della CGIL e della FILCAMS CGIL.

Sul caso intervengono il segretario generale della Camera del lavoro Giacomo Rota, la segretaria confederale Pina Palella, e Sergio Aliprandi, delegato del commissario Filcams Cgil di Catania.

“In gioco c’è il futuro di almeno 600 dipendenti della multinazionale e se pensiamo anche a quelli operanti nei punti vendita sotto le lenti della magistratura, e cioè Lidl di Volpiano (Torino), Biandrate (Novara), Somaglia (Lodi) e Misterbianco (Catania), il numero si moltiplica. – scrivono i sindacalisti in una nota.

“Troppe volte abbiamo assistito a sequestri e confische di beni, molti della grande distribuzione ,come il sequestro di parte delle quote societarie dell’Aligrup di Sebastiano Scuto con 1600 dipendenti (anche in questo caso sarebbe stato coinvolto il clan mafioso dei Laudani), in cui l’obiettivo primario di salvaguardare i posti di lavoro non è stato raggiunto”.

“Per questo la CGIL, insieme a tutte le associazioni che si sono spese per la presentazione di una proposta di legge che favorisse il rilancio delle aziende sequestrate e confiscate, riordinasse la struttura dell’ANBSC, desse certezze ai lavoratori, oggi chiede con la massima urgenza di approvare la riforma del Codice Antimafia ferma al Senato da tre anni. Il testo, approvato alla Camera dei deputati, rappresenta l’ opportunità di avere uno strumento più incisivo per contrastare in maniera più efficace i fenomeni mafiosi, compresi quelli che riguardano la criminalità economica e la corruzione”.

“Ci preoccupa infatti l’escalation mafiosa che interessa proprio la grande distribuzione, in particolare nell’area metropolitana di Catania, dove esiste la più alta concentrazione in Europa di aree commerciali in rapporto al territorio. Ci preoccupa la grande facilità con cui la mafia, grazie a corruzione e a rapporti con uomini delle Istituzioni e delle amministrazioni pubbliche, riesca ad ottenere permessi e concessioni ovunque”.

“Gli interessi sono molteplici: un grande centro commerciale comporta innanzi tutto una grande speculazione edilizia: i terreni grazie alle varianti dei piani regolatori, da che non valevano nulla ,arrivano a valere 10 volte tanto. E ancora, vantaggi derivanti dagli appalti per la costruzione degli impianti che coinvolgono la logistica, il movimento terra, le costruzioni, l’impiantistica e scambi elettorali”.

“Può inoltre accadere che la mega struttura chiuda per fallimento o per liquidazione, che i lavoratori siano abbandonati e gli immobili destinati ad altre speculazioni”.

Nel frattempo si individuano altre aree dove ripetere il triste meccanismo; si vocifera, ad esempio, della nascita di un altro enorme centro commerciale a Belpasso, creando aspettative di lavoro nel territorio, ma non sarebbe lavoro stabile, né sicuro e dignitoso. La nascita di continui centri commerciali avviene a discapito degli altri che si trovano in prossimità e quindi il lavoro durerà il tempo necessario al “sistema” per trarre tutti i tipi di profitti.

“Si dovrebbe intervenire a monte: impedendo innanzitutto la speculazione edilizia, il cambio di destinazione d’uso dei terreni effettuato talvolta da amministratori compiacenti, nonché vigilare su tutto il percorso intervenendo laddove le situazioni si presentino poco chiare.
Sarebbe meglio dunque investire maggiormente in quelle aziende sequestrate o già confiscate in via definitiva: rendendo stabile e sicuro il posto di lavoro dei dipendenti, in tal modo si favorirebbe anche lo sviluppo del territorio”.

Concludono Rota , Palella e Aliprandi: “Troppo spesso invece assistiamo al fallimento e alla messa in liquidazione di aziende un tempo fiorenti, per mancanza di risorse, o per interessi illeciti di chi li amministra ,anche in nome della legge, o perché gli amministratori non sono in grado di fare gli interessi dell’azienda, avendone tante da amministrare.
Non possiamo più aspettare, è sotto gli occhi di tutti come le confische ed i sequestri dei beni ai mafiosi siano aumentati in modo esorbitante. A 35 anni dalla morte di Pio La Torre e di Rosario di Salvo, a 25 anni dalla morte di Falcone e Borsellino, crediamo che il Parlamento possa onorare tutte le vittime di mafia in modo tangibile approvando la legge prima che sia troppo tardi”.