PD spaccato e cancellato a Palermo: è baraonda contrabbandata per “laboratorio politico”

E' scontro aperto fra renziani e orlandiani. Da una parte Giuseppe Berretta, Camilla Fabbri, Valeria Cardinali, Rosaria Capacchione, Salvatore Tomaselli, Stefano Vaccari e Daniele Borioli, e dall'altra Carmelo Miceli, Davide Faraone e Matteo Ricci. "Orlando come Di Battista" dice MIceli.

Palazzo delle aquile, Palermo
Palazzo delle aquile

Ancora una volta la Sicilia (in questo caso Palermo, per le amministrative di giugno) diventa laboratorio politico, almeno così i dirigenti locali intendono giustificare la scomparsa del simbolo PD per “potere riunire tutte le forze”. Una decisione che fa nascere una vera e propria baraonda.

“E’ un partito prostrato che non sa svolgere il suo ruolo sul territorio”,  stigmatizza Andrea Orlando riferendosi a quel che accade a Palermo, dove il Pd rinuncia a presentare il proprio simbolo per le comunali per dar vita a una lista unica con i centristi di Ap e con gli ex Udc di D’Alia.

“Se vincerò il congresso – afferma Orlando – garantisco che almeno nei capoluoghi di provincia ci sarà in tutt’Italia il simbolo del partito. Palermo è il segno di una crisi politica forte e chi non la vede non fa i conti con la realtà”.

A far capire che aria tira e come si senta con le “spalle coperte”, l’oggetto delle critiche, il segretario palermitano dei democratici, Carmelo Miceli (per chi non lo sapesse è un “renziano”), spiega che la decisione di rinunciare al marchio Pd è stata presa in direzione provinciale con l’accordo di tutte le aree del partito.

“Pretendo (sic!) che Andrea Orlando – attacca con disinvoltura – si astenga dal farsi marchette congressuali attraverso critiche alla Federazione di Palermo. Critiche palesemente infondate e populiste come quelle del peggior Di Battista”.

Un’espressione che produce una vera e propria spaccatura. Una parte del Pd, infatti, insorge contro Miceli e si schiera: il deputato Giuseppe Berretta liquida la reazione del segretario provinciale come “inconsulta”. Mentre i parlamentari Camilla Fabbri, Valeria Cardinali, Rosaria Capacchione, Salvatore Tomaselli, Stefano Vaccari e Daniele Borioli dicono che “quello che sta succedendo a Palermo è grave e conferma tutte le nostre preoccupazioni sulla condizione del partito”.

In soccorso di Miceli intervengono i renziani. “Il partito – dice Matteo Ricci, vicepresidente del PD – lavora per vincere le amministrative, per questo cerchiamo di allargare il campo anche a presenze civiche e moderate. Sorprende quindi che per qualcuno tutto ciò sia diventato improvvisamente un problema”.

E fa sentire la propria vice anche Davide Faraone, sottosegretario alla Salute, palermitano e leader dei renziani in Sicilia: “Quello che abbiamo lanciato nel capoluogo siciliano – spiega – è un esempio di progetto civico che unisce il centrosinistra allargato, cancella le divisioni del passato e mette insieme tutti intorno all’idea di città che vogliamo sotto una guida forte e autorevole. Una scelta che rivendichiamo come modello politico moderno e innovativo, inclusivo e non divisivo”.