“La Sicilia ha tutto e ha niente”. Alessandro Nobile analizza il mondo della musica nell’isola

Il direttore del Teatro Vittoria Colonna parla della cultura nell'isola e delle prospettive future

Alessandro Nobile
Alessandro Nobile

Un’eccellenza del mondo dell’arte e della musica che vive, lavora e crede nella Sicilia. Nell’estremo lembo dell’isola Alessandro Nobile, 44 anni contrabbassista e compositore, vive e lavora. Adesso è il direttore del Teatro di Vittoria e sta curando la stagione musicale.

Ha iniziato sin da giovanissimo lo studio del pianoforte e poi del basso elettrico per poi passare al contrabbasso, strumento col quale si è diploma al conservatorio di Messina. In seguito ha frequentato il Biennio di Composizione Jazz e ha studiato e collaborato con alcuni tra i più significativi musicisti siciliani della scena jazz contemporanea, tra cui: Salvatore Bonafede, Stefano Maltese, Antonio Moncada, Paolo Sorge, Luciano Troja.

Attualmente suona stabilmente nei progetti del polistrumentista e compositore Stefano Maltese. Ha inoltre suonato con Giancarlo Schiaffini, Fabrizio Puglisi, Gioconda Cilio, Jimmy Weinstein e inoltre con diverse compagnie di danza contemporanea, tra cui: CADMIUM di Parigi e con il Centro Sperimentale Progetto Danza di Messina.

Crede che la Sicilia possa crescere ancora tantissimo perché ha “una bellezza incredibile da valorizzare”.

– Lei è direttore del Teatro di Vittoria e si occupa di musica. Pensa che i talenti possano avere spazio in Sicilia nel campo dell’arte?

“Il mondo dell’arte e della musica sono in estrema sofferenza ma nonostante ciò la Sicilia ha eccellenti artisti e ci sono realtà importanti che danno spazio a diverse forme d’arte. Rispetto ad altre zone non sono tantissime ma ciò è anche dovuto agli organizzatori del settore perché si cerca tendenzialmente di fare molta cassa e botteghino facendo ciò che piace solo al pubblico. Invece dovrebbe esserci la necessità di aprirsi ai musicisti del territorio. Molto spesso ci ritroviamo a suonare all’estero e al contempo non siamo neanche nei cartelloni dei festival siciliani. Serve attivare sinergie e scambi: il futuro è aprire la Sicilia la mondo”

– Qual è stata la sua esperienza più bella in Sicilia?

“Il mio lavoro è bello e – al contempo – difficile e per viverci ho bisogno di fare tante cose insieme. Ho collaborato con diversi musicisti di livello e ho avuto la possibilità di organizzare vari festival e da ultima ho l’occasione di organizzare la stagione concertistica del Teatro di Vittoria. Se devo scegliere una esperienza è quella con Stefano Maltese, polistrumentista e compositore. Conoscevo i suoi lavori da quando ero piccolo e gli chiesi via mail di poter fare qualcosa insieme e fu disponibilissimo a collaborare. Da lì a poco abbiamo suonato in trio con Maltese e Antonio Moncada in un posto suggestivo come la Valle dei Templi: un’esperienza fortissima e talmente forte che alla fine dell’esibizione sono svenuto!”.

– Cosa manca all’isola per diventare una calamita culturale?

“Questa terra ha tutto anche se spesso penso che non abbia nulla. E’ l’eterno contrasto che tutti i siciliani soffrono. La Sicilia ha tantissimi artisti, ha la storia, ha tantissime influenze da tutto il Mediterraneo e quindi un potenziale enorme. Potenziale in musica che può essere utilizzato per far nascere nuove esperienze dalla contaminazione di etnie e storie. Un po’ come successo a New Orleans ove convivevano africani, polacchi, tedeschi, italiani e olandesi. Dovremmo organizzare eventi e rassegne che portano visitatori: si deve creare un turismo culturale e far sì che ci si muova verso la Sicilia per festival e appuntamenti di rilievo”.

– Cosa possono fare le pubbliche amministrazioni (Comuni, Regione) per incentivare il consumo culturale?

“Possono investire sui progetti culturali, sulle stagioni, sulle rassegne. E’ un investimento sul territorio per fare in modo da produrre lavori originali da esportare per il mondo. Ad esempio il Comune di Parigi si fa produttore di spettacoli di danza promuovendo i suoi artisti in tutta Europa o gli olandesi hanno i voli pagati dallo Stato quando partecipano ai festival di Jazz. Si può fare tanto incentivando il consumo culturale con la promozione: la Sicilia ha il problema di non riuscire a far conoscere al pubblico tutto ciò che viene realizzato. Occorre trovare i canali giusti per la promozione dei festival e delle rassegne al fine di valorizzare la grande mole di cultura prodotta”.