La lettera della Rete Piattaforma per Librino: “Nel nostro quartiere non c’è solo degrado”

librino

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta alla stampa a firma di Sara Fagone, referente Rete Piattaforma per Librino.

Carissimi giornalisti,

premetto che ammiro il vostro lavoro, perché informate le persone e soprattutto perché, grazie alle vostre inchieste, la gente approfondisce le proprie conoscenze. E qualche volta aiutate la magistratura. Per questo vi sono grata.

Ma le parole sono importanti, e, purtroppo, in molti casi, utilizzate un linguaggio che alla fine si riduce solo ed esclusivamente ad un triste luogo comune. Questo, molto spesso, capita quando si parla di periferie in generale e di Librino in particolare,

Capita allora di leggere un titolone con la parola Librino, per poi scoprire che il pezzo in realtà parla di un quartiere adiacente. Ma si preferisce inserire nel titolo quello che ormai è diventato un brand negativo alla moda: Librino appunto. Un po’ come quando si associano i siciliani alla mafia e gli italiani alla pizza.

Nei giorni scorsi, ci sono stati due tristi episodi che hanno scosso un po’ tutti, perché apprendere della morte di giovani vite fa sempre male e lascia sgomenti, anche se a perdere la vita fosse il ragazzo peggiore che possa esistere.

Non c’è stata testata che non abbia utilizzato termini ripetuti e stantii che ormai siamo stanchi di sentire. Da alcuni articoli però mi sono sentita profondamente offesa, indignata,
Mi sento offesa perché non si può scrivere che “a Librino si cresce costruendo bombe”.

Non si può scrivere che Librino è il quartiere dell’illegalità diffusa, dove lo spaccio è in ogni angolo di strada.

Non si può scrivere che a Librino c’è solo degrado, ci sono solo delinquenti. Non si può scrivere semplicemente perché non è cosi.

Trattandoci come bestie da rinchiudere, o da compatire e isolare, o descrivendoci come qualcosa di “diverso”, non si fa altro che aumentare l’abbrutimento di chi ci vive, la sua emarginazione, ed alimentare un sentimento di repulsione verso chi non conosce la nostra realtà e ha paura ad avvicinarsi. Ecco perché non si riesce a decentrare gli uffici pubblici, perché gli impiegati hanno paura e la politica li asseconda per un pugno di voti o di tessere in più, senza avere gli attributi sufficienti ad imporre un decentramento o qualsiasi altra cosa utile al nostro quartiere per farlo sentire meno isolato. Questa è solo una delle conseguenze di certi concetti e pregiudizi ripetuti all’infinito.

Librino, con tutte le sue contraddizioni, è un quartiere talmente grande che si avvicina più alle dimensioni di una città, e come in ogni città vi sono aspetti leciti e illeciti, c’è il buono il brutto e la via di mezzo. Esattamente come in ogni altra comunità.

Librino è un quartiere prevalentemente di lavoratori, studenti, di pensionati. Persone che vivono, pensano, si muovono come tutti i cittadini del mondo. Poi certo, ci sono anche i delinquenti, ci sono le persone che non hanno un lavoro, ma non perché non vogliono lavorare ma perché il nostro Paese non ha saputo creare le condizioni per permettere ad ogni uomo e donna di poter vivere dignitosamente, lavorando e contribuendo alla collettività senza cercare assistenza; ed è qui che si annidano le proposte di manovalanza criminale, lo sappiamo tutti, c’è chi resiste a queste sirene e chi no.

Ci sono persone fortunate che possono pagare le spese sanitarie o le ristrutturazioni delle proprie case e ci sono persone che non hanno la possibilità, che vivono in alloggi di edilizia pubblica cadente e fatiscente ma non perché gli piace picconare le proprie case, ma perché sono state costruite male, perché le imprese magari hanno preferito risparmiare sul cemento o sui materiali utilizzati, e le istituzioni non hanno controllato come avrebbero dovuto.

Scrivendo certe cose si demolisce il lavoro quotidiano che centinaia di persone portano avanti, attraverso le tante associazioni, che tentano di far conoscere a quei ragazzi che sono abituati ad essere trattari da emarginati, che esiste un altro modo di stare al mondo, volontari che cercano di non far cadere in una triste rete questi giovani e di farne persone migliori dei loro padri.

Chi si esprime in un certo modo, utilizzando concetti triti e non veritieri, demolisce il lavoro degli insegnanti, che con un impegno certosino non solo fanno studiare i ragazzi ma cercano di impartire loro la legalità, le regole ed il rispetto verso il prossimo.

Ecco. Le parole sono importanti, e a volte sono peggio delle lame. Sicuramente nei vostri articoli descrivete quello che vedete, quello che accade, ma è il come lo raccontate che fa la differenza, che ci mortifica, che ci fa arrabbiare e che rovina il lavoro che si porta avanti per far emancipare quella parte di Librino che ne ha bisogno.