Camera di commercio sud-est, la Procura chiude inchiesta con undici indagati.

Camera di Commercio di Catania

Era attesa da tempo la svolta nell’inchiesta sulla costituzione della nuova Camera di commercio della Sicilia Orientale.

Svolta arrivata oggi con la conclusione delle indagini da parte della Procura di Catania che ha, infatti, fatto notificare un avviso di conclusione indagini, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, per undici indagati, accusati di falsità ideologica commessa da un privato in atto pubblico. La circostanza è emersa nella richiesta di archiviazione presentata al Gip per il commissario ad acta, Alfio Pagliaro, e per due suoi collaboratori dirigenti dell’Ente Giovanni Brafa Musicoro e Stefano Alì.

Gli indagati sono: Alessio Lattuca, Gino Scotto, Davide Raccuglia, Riccardo Galimberti, Filippo Guzzardi, Giuseppe Giglio, Giovanni Selvaggi, Riccardo Santamaria, Massimo Franco, Giuseppe Bulla e Givanni Sebastiano Rinzivillo.

Al centro delle indagini c’è  una serie di presunte false attestazioni – la Procura etnea ne contesta 81 – di autocertificazioni prodotte da organizzazioni imprenditoriali per l’assegnazione dei seggi consiliari nell’organismo camerale. Nella richiesta di archiviazione avanzata al Gip, firmata dal procuratore Carmelo Zuccaro e dai sostituti Andrea Ursino e Monia Di Marco, emerge anche che è stata disposta l’iscrizione di un fascicolo separato per approfondimenti su «talune irregolarità evidenziate dall’indagato Alfio Pagliaro» in una sua memoria difensiva.

Appresa la notizia, è arrivata immediata la replica delle associazioni dell’artigianato, della cooperazione e della piccola impresa del sud est della Sicilia.

“Apprendiamo – scrivono – che la Procura della Repubblica di Catania ha provveduto a notificare l’avviso di conclusione delle indagini relative alla costituzione della Camera di Commercio di Catania, Ragusa e Siracusa formulando 11 richieste di rinvio a giudizio, con l’accusa di falso, per i rappresentanti legali di altrettante associazioni di categoria appartenenti al raggruppamento dato per vincente.
L’irregolarità della procedura è stata quindi sancita e certificata dalla magistratura che ha accertato la presenza di false iscrizioni di imprese dichiarate da diverse associazioni. È crollato quindi un castello costruito su macroscopiche irregolarità. Abbiamo sempre sostenuto la nostra fiducia nella magistratura, certi che le gravi criticità che avevamo riscontrato sarebbero state confermate e ampliate da indagini serie e rigorose. E alla magistratura va in tal senso il nostro ringraziamento anche a nome delle imprese del nostro territorio.
Non c’è tuttavia da gioire, perché le accuse di comportamenti così spregiudicati non sono una buona notizia. Il mondo delle associazioni di impresa, e con esse quello delle istituzioni camerali, anche per le giuste e condivisibili posizioni spesso assunte a sostegno della legalità, dovrebbe essere da esempio nella applicazione di modelli di trasparenza e rettitudine. E così pare adesso assodato che non sia stato. È stata quindi persa credibilità che sarà dura da recuperare.
È necessario adesso un intervento immediato del Presidente della Regione Crocetta e del Ministero dell’Economia. Mise e Regione non perdano quindi altro tempo e procedano senza indugio ad annullare la procedura e riavviare il percorso con regole e procedure che garantiscano rigore e trasparenza. Del resto la proposta di revoca è stata già avanzata dal Presidente Crocetta, che si è sempre dichiarato attento alla legalità, anche allo scopo di cogliere le istanze del territorio e le opportunità della riforma Madia. Il rammarico è che si siano persi oltre due anni di tempo. Adesso è quindi tempo di recuperare.
Alle associazioni di categoria spetta il compito di riannodare i fili del dialogo intorno ad una nuova progettualità che superi le divisioni attuali intorno a candidature nuove capaci di unire piuttosto che continuare a dividere.
In merito alla richiesta di archiviazione del responsabile del procedimento, riteniamo che se i falsi sono stati accertati c’e una evidente responsabilità oggettiva, quanto meno sul piano amministrativo. Era infatti il commissario che avrebbe dovuto accettare la regolarità dei dati dichiarati dalle singole associazioni. Per di più di fronte a denunce puntuali che avrebbero richiesto approfondimenti mirati, non la costruzione di muri a difesa di una procedura che faceva acqua da tutte le parti. Ed in tal senso non possiamo non ricordare che fin dal primo momento abbiamo sostenuto che il sistema dei controlli attuato dal commissario era fallace e inadeguato a garantire verifiche serie e rigorose. E i fatti ci hanno dato pienamente ragione. Per queste ragioni valuteremo con i nostri legali l’opportunità di opporci alla richiesta di archiviazione. Perché riteniamo che l’alterazione della procedura sia macroscopica. In ogni caso noi crediamo peraltro che vadano ancora messi in luce i motivi reali per i quali tutto questo è avvenuto. Per quanto importante la conquista di una camera di commercio non crediamo possa da sola giustificare condotte così spregiudicate”.