Oggi il decimo anniversario della scomparsa del cardinale Pappalardo

Celebre il suo richiamo contro la mafia. In occasione dei funerali del generale Dalla Chiesa pronunciò un duro richiamo alle istituzioni

cardinale Salvatore Pappalardo
Foto Diocesi di Mazara del Vallo

«Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici. E questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo!». Con queste parole forti, nette e decise l’allora arcivescovo di Palermo Salvatore Pappalardo scosse le coscienze dei siciliani e della politica nazionale durante l’omelia dei funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa barbaramente ucciso da Cosa Nostra.

Oggi ricorre il decimo anniversario della morte di Pappalardo, uno dei tanti uomini di Chiesa che si è speso attivamente per la legalità e contro la cultura mafiosa. D’altronde Pappalardo – arcivescovo di Palermo per diversi anni – era figlio di un maresciallo dei Carabinieri e la sua opera volta a un riscatto delle coscienze nella sua terra si aggiunge a quella di figure straordinarie come Padre Pino Puglisi (il prete di Brancaccio ucciso da sicari mafiosi nel 1993) e di Giovanni Paolo II (celebre la sua invettiva contro i boss nella Valle dei Templi).

Proprio dal 1982 l’escalation mafiosa si fece sempre più prorompente e gli anni successivi provarono duramente Palermo, divenuta un vero e proprio cimitero a cielo aperto, e l’intera Sicilia.

A richiamare duramente l’attenzione dello Stato ci fu anche Salvatore Pappalardo che invogliò i siciliani a non porgere ecomunicamente l’altra guancia ma a reagire.

Pappalardo il 17 ottobre 1970 venne nominato da papa Paolo VI arcivescovo di Palermo e dallo stesso Paolo VI venne creato e pubblicato cardinale nel concistoro del 5 marzo 1973. Si ritirerà il 4 aprile 1996 quando papa Giovanni Paolo II accolse la sua rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Palermo per raggiunti limiti di età.

Fu tra i primi a riconoscere la grande pervasività della criminalità organizzata ed ebbe il coraggio di mettere sul banco degli imputati le istituzioni spesso presenti soltanto ai funerali di uomini dello Stato.